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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXV - marzo 2023

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Democrazia o controrivoluzione preventiva: le illusioni e la realtà

(dall’opuscolo F.Engels-10, 100, 1000 CARC, Ed. Rapporti Sociali, 1995)


Da quando le leggi dello Stato non riservano espressamente ai membri e gruppi della borghesia il diritto di associarsi, organizzarsi, riunirsi, esprimere e propagandare il proprio pensiero, organizzarsi come forza politica, le classi dominanti hanno preso le misure necessarie a salvaguardare i loro interessi: ogni Stato imperialista ha creato al proprio interno e ai propri margini strutture e prassi extralegali che hanno assolto al compito di impedire con strumenti, che legalmente erano vietati, anche quello che legalmente non era vietato ed eliminare di fatto la libertà e l’autonomia delle organizzazioni politiche d’opposizione.

È il terreno in cui bande direttamente gestite dall’amministrazione statale (“servizi segreti deviati”, “strutture clandestine”, ecc.) si sono combinate con milizie e gruppi politici privati, arrivando fino alla malavita organizzata. Accanto alla propria attività prevista e regolata da leggi, lo Stato ha svolto nelle organizzazioni delle classi oppresse attività di spionaggio, controllo, schedatura, infiltrazione, diversione, provocazione, corruzione, ricatto, intimidazione, eliminazione di singoli esponenti e operazioni di terrorismo, condizionamento economico, intossicazione dell’opinione pubblica (stragi, strategie della tensione, campagne scandalistiche, creazione di notizie false, ecc.).

Non c’è Stato imperialista che non abbia sviluppato più o meno ampiamente questo terreno. Anzi l’effettiva indipendenza di uno Stato dagli altri Stati imperialisti si è misurata anche dall’estensione con cui conduceva direttamente in proprio questo aspetto della sua attività o lo delegava ad altri Stati cui affidava così in definitiva la gestione dell’ordine pubblico sul proprio territorio e rispetto ai propri cittadini. In alcuni momenti in alcuni paesi la classe dominante, di fronte a contraddizioni interne ad essa, ha dovuto proclamare pubblicamente questa realtà (teoria della “sicurezza nazionale”). Dove non è stato necessario, tale pubblica proclamazione non c’è stata e anzi tutta la classe dominante ha solidalmente negato l’evidenza.

Proprio in questi anni, mentre nell’ambito della seconda crisi generale del sistema capitalista (iniziata a metà degli anni ‘70) la crisi economica sta trapassando in crisi politica, gli strumenti della controrivoluzione preventiva (della “guerra sporca”) che erano stati normalmente usati come uno dei mezzi per regolare i rapporti tra borghesia imperialista e masse popolari (la repressione selettiva), sono sempre più spesso usati anche per regolare i conti tra gruppi imperialisti (“guerre di mafia”, “lotta alla criminalità organizzata”, operazioni giudiziarie tipo “mani pulite” e altre operazioni della guerra civile strisciante in corso tra i gruppi della borghesia imperialista). Quindi “vengono a galla”, sono di volta in volta “pubblicamente denunciati” dai gruppi perdenti. Gli esponenti della classe dominante italiana, da quando nel 1992 la crisi politica è entrata nel vivo, sono particolarmente zelanti e sboccati nello scoprirsi reciprocamente gli altarini: ma quanto emerso finora non è che un assaggio, in cui il vero si mescola con il falso, il colpo con la manovra ricattatoria e la minaccia, la denuncia con l’allusione. Il velleitarismo politico della piccola-borghesia risalta proprio dal fatto che i suoi organismi politici denunciano questi strumenti, ma non ne traggono le conclusioni sulla natura dello Stato e della lotta politica, non adottano misure conseguenti. Per loro lo Stato vero è quello ideale (“la nostra Costituzione è la più avanzata del mondo”) e lo Stato reale è una “invenzione del Male”, un malcostume dei loro avversari.

 Nel nostro paese protagonisti della lotta politica reale sono stati e sono, oltre a quelli legali, anche la mafia, la milizia degli agrari siciliani che nel ‘46 entrò nella repubblica come fiancheggiatrice della pubblica amministrazione per la gestione dell’ordine pubblico in Sicilia (e le decine di comunisti e sindacalisti eliminati da “ignoti” furono solo il risultato più noto della sua azione); Gladio e le altre strutture in qualche modo messe in luce dalle ordinanze di vari PM e dagli “scandali” che accompagnano l’attuale crisi politica; le associazioni d’arma dei reduci della Repubblica Sociale Italiana; gli uffici schedatura e i sistemi di discriminazione rispetto al lavoro organizzati dalle grandi aziende (FIAT in testa); i corpi di polizia privata, i servizi d’ordine e le guardie del corpo, le stragi di Stato e gli omicidi di Stato, ecc. Questi sono la parte finora emersa del retroterra che la borghesia italiana, piamente rappresentata a livello politico dalla DC, ha costruito e coltivato a tutela del proprio potere. Per non parlare delle strutture e prassi illegali palesi e occulte messe in opera, con l’omertà di tutte le istituzioni e le forze politiche, negli anni ‘70 e ‘80 contro le Brigate Rosse e i loro presunti e reali “fiancheggiatori”. Vale la pena sottolineare che non si tratta di una prassi specificamente italiana: le cronache francesi, inglesi, USA, spagnole, tedesche, belghe, ecc. lo testimoniano.

Conoscere questo retroterra è importante per gli esponenti delle masse popolari che entrano nella lotta politica, in particolare per coloro che in qualche modo si assumono il compito di ricostruire il partito comunista. Infatti è essenziale che essi si liberino dalle illusioni e dai pregiudizi “democratici” propagandati e imposti dalla borghesia imperialista e dalla sua appendice costituita dai revisionisti moderni. La concezione di un “partito rivoluzionario nei limiti della legge” è la teoria politica che la borghesia imperialista e i revisionisti moderni (da Togliatti in poi per quanto riguarda il nostro paese) hanno imposto al movimento operaio e popolare. Simili pregiudizi contribuiscono a paralizzare ogni lotta. Infatti perfino le lotte difensive, le lotte con cui le masse popolari difendono le conquiste (diritto al lavoro, diritti sul posto di lavoro, salario, pensioni, diritto all’assistenza sanitaria, all’istruzione, alla casa, alla parità sessuale, religiosa, razziale, linguistica, ecc.) per vincere devono sempre più spesso travalicare i limiti legali che la classe dominante restringe in continuazione.

Quando, per una serie di circostanze, queste misure di controrivoluzione preventiva non sono bastate, la borghesia non ha esitato a ricorrere a colpi di Stato (basti citare: Brasile 1964, Indonesia 1966, Grecia 1967, Cile 1949 e 1973, ecc.), a eliminazioni di massa e a interventi stranieri.