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del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXVI - marzo 2024

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L’intervento dei comunisti in campo nemico

L’esperienza dei Proletari in Divisa, Stefano Dal Corso e Aaron Bushnell

Nel “biennio rosso” del ‘68 e ‘69 in molte aziende gli operai formarono i Consigli di Fabbrica, organismi che andavano oltre le rivendicazioni sindacali, contendevano al padrone la gestione della fabbrica ed estendevano la propria influenza e direzione fuori dalla fabbrica. Ma vi fu anche un altro fenomeno per alcuni versi nuovo rispetto al passato: la formazione di organizzazioni politiche e sindacali tra i membri delle Forze Armate, militari in gran parte giovani chiamati alla leva obbligatoria. Tra la fine del 1969 e l’inizio del 1970, grazie all’azione svolta da Lotta Continua, nacquero i Proletari in Divisa (PID), a cui seguiranno negli anni successivi altre esperienze di organizzazione clandestina o semi-clandestina tra le Forze Armate, tra cui i Collettivi militari comunisti (legati all’area di il manifesto) e i Collettivi proletari antimilitaristi (legati ad Avanguardia Operaia), a cui si aggiungono i militari che hanno fatto parte delle Organizzazioni Comuniste Combattenti o hanno collaborato con esse.

La prima protesta organizzata dai PID all’interno delle caserme fu a Pinerolo (TO): il 31 maggio 1970, un giovane alpino di leva muore in un’esercitazione con l’esplosivo. Grazie all’attività di agitazione svolta dai PID, gli alpini per protesta sospendono e disertano le esercitazioni per la parata del 2 giugno successivo. Questa iniziativa diede fiducia e suscitò altre iniziative di protesta in numerose caserme d’Italia in cui i soldati non si limitarono più a denunciare i singoli episodi di abuso, nonnismo, mancanza di sicurezza o altre storture della vita di caserma, ma iniziarono ad attuare spontaneamente, inizialmente a macchia di leopardo e poi via via in maniera sempre più organizzata e coordinata, scioperi del rancio, delle esercitazioni, delle pulizie e altre iniziative simili. Nel giro di pochi mesi nacquero gruppi di militari organizzati nei PID a Bolzano, Udine, Roma, Torino, Milano e altre città del nord Italia. Successivamente, tra il 1971 e il 1972 si formarono gruppi di PID in tutta Italia, compreso il sud (Taranto, Augusta, Napoli, Messina e altre città) anche grazie alla rivista Proletari in divisa diffusa da Lotta Continua clandestinamente nelle caserme con l’obiettivo di promuovere campagne nazionali di mobilitazione dei soldati e diffondere le esperienze di organizzazione clandestina nelle caserme. Organizzarsi politicamente e sindacalmente nelle caserme era vietato (e in parte lo è tutt’ora) dal codice militare. Ciò non fermò l’iniziativa dei PID che iniziarono a creare una vera e propria rete clandestina per fare assemblee dei soldati nelle camerate, garantire la sicurezza delle riunioni all’interno delle caserme, stampare e diffondere materiale di propaganda, organizzare la partecipazione dei militari alle manifestazioni di piazza e gli scioperi e le proteste in caserma. Le principali campagne promosse dai PID furono quelle per

- il diritto di assemblea e la libertà di stampa e diffusione in caserma di giornali politici e volantini (cosa vietata);

- la licenza garantita ogni mese e la libera uscita in borghese senza controlli, sabato e domenica di riposo;

- lo svolgimento del servizio militare obbligatorio vicino ai paesi e alle città di abitazione dei chiamati alla leva;

- l’aumento dell’indennizzo economico concesso ai militari di leva (essi non ricevevano un vero e proprio stipendio ma poche migliaia di lire al mese);

- la soppressione del saluto obbligatorio, dell’alzabandiera e di altre forme di autoritarismo nei confronti dei soldati;

- la sicurezza per i militari, feriti, mutilati o ammalati per le esercitazioni, per lo stato fatiscente delle caserme, delle armi e strumentazioni: erano molto diffusi i casi di meningite a causa dello stato igienico precario delle caserme;

- la democratizzazione delle Forze Armate attraverso la soppressione di una serie di leggi e regolamenti del codice militare apertamente reazionari, di epoca fascista e anticostituzionali, unita alla lotta contro i trasferimenti, gli arresti e le denunce dei militari democratici.

Quanto più le fila dei militari si riempirono di giovani lavoratori strappati dalle aziende per i diciotto mesi di leva obbligatoria, tanto più la lotta dei militari uscì dalle caserme e cercò di legarsi a quelle degli operai in produzione: comparvero sempre più spesso volantini e manifestini con le rivendicazioni dei militari di leva ai cancelli di Mirafiori, dell’Italsider di Taranto, delle raffinerie di Augusta, nei porti di Marghera, La Spezia, Brindisi e in altre aziende del paese. In numerose manifestazioni all’interno degli spezzoni erano presenti militari in divisa e travisati in volto. Il Friuli Venezia Giulia, dove negli anni ‘70 vi era una grossa presenza di militari (per via della lotta dei gruppi imperialisti USA e NATO contro i paesi del Patto di Varsavia), divenne la regione in cui i PID promossero il maggior numero di iniziative di protesta e mobilitazione, insieme al Trentino e al Veneto.

Dopo il colpo di Stato del 1973 in Cile ad opera del generale Pinochet e dei gruppi imperialisti USA, all’interno dei PID e delle altre organizzazioni che operavano in ambito militare si sviluppò un dibattito sui rischi dell’uso dell’esercito nella gestione dell’ordine pubblico e come centro di promozione della mobilitazione reazionaria. I PID in particolare attuarono un’importante opera di vigilanza sull’uso dei soldati e delle caserme nella repressione delle mobilitazioni operaie e popolari, come bacino di reclutamento per le organizzazioni fasciste e stragiste, come ambito di clientele e ruberie di ufficiali dediti a perseguire gli interessi dei partiti del regime DC e delle organizzazioni criminali.

Il punto più alto della lotta dei PID fu raggiunto nel 1975. Alle manifestazioni per il 25 Aprile di quell’anno parteciparono, in molte città, centinaia di soldati di leva in divisa (allora erano proibiti gli abiti borghesi nella libera uscita) e col volto mascherato (era proibito ai militari partecipare alle manifestazioni), protetti dai servizi d’ordine degli spezzoni in cui erano inseriti. Se nelle occasioni precedenti aveva fatto scalpore la presenza di militari travisati in volto alle manifestazioni di piazza, la partecipazione massiccia dei militari in occasione delle celebrazioni per il 25 Aprile alzò il livello politico delle rivendicazioni dei PID e costrinse anche il PCI, che era sempre stato contrario alle proteste nelle caserme organizzate dai PID, a darsi da fare per leggi sulla democratizzazione delle Forze Armate. Dopo il successo delle manifestazioni del 25 Aprile, su spinta dei PID a novembre dello stesso anno venne indetta un’assemblea generale di tutte le organizzazioni attive in ambito militare, con la presenza di 220 delegati di 133 caserme. L’assemblea convocò una giornata di lotta per il 4 dicembre 1975 a cui partecipano migliaia di soldati di 74 caserme, con al centro le parole d’ordine della riforma del regolamento di disciplina, il rifiuto dell’autoritarismo degli ufficiali, il diritto di assemblea, il riconoscimento della libertà di pensiero e di espressione, la tutela della sicurezza e della salute dei soldati dagli infortuni. In molte città furono diffusi volantini firmati da sindacati, Consigli di Fabbrica, organizzazioni studentesche e di quartiere che appoggiarono la giornata di lotta.

Dopo il 1975 la mobilitazione dei PID andò via via esaurendosi e si concluse definitivamente tra il 1977 e il 1978, così come si esaurirono i Consigli di Fabbrica e tutto il movimento degli anni ’70: per instaurare il socialismo non basta che le masse popolari si rivoltino su larga scala contro la borghesia e che questa abbia sempre più difficoltà a governare, occorre che abbiano alla loro testa un partito comunista non solo capillarmente e strettamente legato alle masse popolari e in particolare agli operai, ma anche all’altezza di dare la direzione della quale le masse hanno bisogno per combattere con successo e prendere il potere.

L’esperienza dei PID mostra che i comunisti possono raccogliere forze, organizzare e mobilitare anche tra le Forze Armate e le altre strutture del campo nemico addette al controllo, alla repressione, alla guerra e fornisce spunti, idee, suggerimenti su come farlo.

Con il passaggio dall’esercito di leva a quello professionale le condizioni sono cambiate (selezione all’ingresso, modalità di addestramento, ecc.), ma le caserme sono comunque piene di persone che vengono dalle masse popolari (da famiglie di proletari o di lavoratori autonomi) e hanno relazioni con esse, che si sono arruolate per avere un lavoro e un reddito. Molti di essi sono alle prese con condizioni economiche e di lavoro che peggiorano. I compiti che le autorità assegnano loro in varie zone d’Italia, nelle aree e basi USA e NATO e nelle missioni all’estero sono talmente infami e criminali da suscitare indignazione, opposizione e ribellione anche tra le loro file. Il caso di Stefano Dal Corso e quello di Aaron Bushnell sono emblematici.

Stefano Dal Corso, detenuto nel carcere di Oristano, è stato malmenato e strangolato 12 ottobre 2022 da una squadra di guardie che, successivamente, ne ha inscenato il suicidio: è la verità che emerge dalla battaglia per la verità e la giustizia che Marisa Dal Corso, sorella di Stefano, ha portato avanti dalla morte di suo fratello. La sua battaglia, che si è scontrata con la connivenza tra amministrazione penitenziaria e magistratura e con un muro di omertà e silenzio, ha avuto una svolta quando un gruppo anonimo di agenti di polizia penitenziaria, dopo aver raccolto in segreto le prove, ha rivelato le dinamiche che hanno portato all’uccisione di Stefano e il modo in cui gli assassini hanno cercato di occultarlo con la connivenza dei vertici del carcere.

Aaron Bushnell, soldato dell’aviazione USA, lo scorso 25 febbraio si è dato fuoco davanti all’ambasciata israeliana a Washington per protesta contro il genocidio che lo Stato sionista d’Israele sta attuando nella Palestina occupata sostenuto dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, UE e associati. Dopo la sua morte, durante le veglie commemorative decine di commilitoni di Bushnell e altri veterani di guerra hanno bruciato le proprie divise in segno di disprezzo verso il governo USA e di protesta per l’appoggio che esso garantisce al genocidio sionista contro il popolo palestinese.

Crescono le contraddizioni su cui fare leva per intervenire da comunisti nelle Forze dell’Ordine e nelle Forze Armate. Quindi avanti nello sviluppo dell’azione del (nuovo)PCI tra le fila del nemico! Quanto più svilupperemo un lavoro di propaganda, infiltrazione e reclutamento tra le fila delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine, tanto più la classe dominante avrà difficoltà a mobilitare i soldati e le forze di polizia contro gli organismi operai e popolari e tanto più saremo in grado di valorizzare l’ambito militare ai fini dell’instaurazione del socialismo, a partire dalla lotta prima per costituire il Governo di Blocco Popolare e poi per difenderne ed estenderne l’azione.

Alberto F.