La Voce 76 (ritorna all'indice)

del (nuovo)Partito comunista italiano

anno XXVI - marzo 2024

Scaricate il testo in formato PDF - Formato Open Office - Formato Word

Il ruolo attuale della RPC nel sistema delle relazioni internazionali, il ruolo del PCC nel MCCO internazionale e la costruzione del socialismo in Cina

La tesi riguardante la Repubblica Popolare Cinese (RPC) esposta nel capitolo 1.7.3 del nostro Manifesto Programma (MP) rispecchia la via che la RPC aveva imboccato dopo la morte di Mao (1976) e l’affermazione della direzione di Deng Xiaoping (1978). È sbagliato invece collocare la RPC attuale nella seconda delle tre fasi attraversate da gran parte dei primi paesi socialisti dopo la svolta del XX Congresso del PCUS (1956), collocarla cioè nella fase della restaurazione pacifica e graduale del capitalismo. Abbiamo pubblicato il MP nel 2008 ma il suo capitolo 1.7.3 si basava ancora su un’analisi che non teneva conto della svolta determinata nella via che la RPC percorreva dalla risposta che il PCC aveva dato agli eventi del 1989 (P.zza Tienanmen) e implicitamente equiparava la lotta tra le due classi e le due vie nella RPC alla lotta che si era svolta nell’Unione Sovietica e la lotta tra le due linee nel PCC alla lotta tra le due vie nel PCUS.(1)


1. A documentazione dell’analisi su cui è basato il capitolo 1.7.3 del MP indico l’articolo Sull’esperienza storica dei paesi socialisti, pagg. 11-26 del n. 11 della rivista Rapporti Sociali (novembre 1991).


Non teneva cioè conto nella misura necessaria né della differenza tra la Russia paese anello debole della catena imperialista e la Cina paese semicoloniale, sia pure erede della millenaria civiltà di un grande Impero né di aspetti importanti che il maoismo aveva determinato nel PCC e nella RPC e che li differenziavano dal PCUS e dall’URSS benché questi avessero avuto un ruolo importante nella nascita e nella storia dei primi.(2)


2. Il compagno Roberto Raimondi, a conclusione dell’articolo Presentazione di “La Lunga Marcia del Partito Comunista Cinese” (in La Voce 75 - novembre 2023, pagg. 31-36), propone che il (n)PCI riveda la tesi espressa nel capitolo 1.7.3 del MP secondo la quale dal 1976 la Repubblica Popolare Cinese è entrata nella seconda delle tre fasi percorse da gran parte dei primi paesi socialisti, ossia nella fase della “lenta e graduale restaurazione del capitalismo”.
Che il (n)PCI affermi che attualmente la RPC non è più in quella fase e che noi abbiamo rettificato la nostra analisi è evidente: basta confrontare la nota 1 dell’articolo La Comune di Parigi - pag. 15 in VO 38 (luglio 2011) o il Comunicato CC 5/2019 - 27 marzo 2019 con gli articoli relativi alla RPC che abbiamo pubblicato in VO 67 (marzo 2021), VO 68 (luglio 1921), VO 70 (marzo 2022), V0 74 (luglio 2023). Il compagno Umberto C., nell’articolo Il 20° Congresso del Partito Comunista Cinese e le lezioni che i comunisti italiani ne devono trarre (in La Voce 72 - novembre 2022, pagg. 29-35) afferma che “l’andamento del Congresso conferma che la RPC è un paese socialista nella seconda delle tre fasi indicate nel capitolo 1.7.3 del Manifesto Programma del (n)PCI e che la sinistra è alla testa del PCC benché la destra sia ancora forte sia nel Partito che nel sistema economico e sociale della RPC”. È evidente a un lettore attento che il compagno Umberto C. afferma cose incompatibili tra loro: nella RPC diretta dal PCC sarebbe in corso la restaurazione pacifica e graduale del capitalismo ma alla testa del PCC vi sarebbe almeno da 12 anni la sinistra. I lettori attenti di VO hanno segnalato l’incongruenza, il compagno Mattia S. è uno di essi: pubblichiamo lo scambio di corrispondenza tra lui e la redazione di La Voce.


Il ruolo che la RPC è venuta assumendo nel mondo contro i gruppi imperialisti USA e i loro alleati, complici e succubi europei e di altri paesi sia promuovendo dopo la crisi finanziaria USA del 2008 il raggruppamento BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica tuttora in espansione) sia con altre iniziative come la Nuova Via della Seta (2013) e soprattutto la gestione della pandemia da coronavirus Covid-19 (iniziata nel 2020) che ha mostrato la grande superiorità del sistema sociale della RPC rispetto a quello degli USA e dei connessi paesi imperialisti (nella gestione interna e nel sistema delle relazioni internazionali), hanno portato il (n)PCI a studiare, analizzare e comprendere meglio la linea seguita dal PCC nella costruzione del socialismo in Cina, il ruolo svolto dalla RPC nel mondo e l’azione del PCC nel movimento comunista internazionale. Questa ricerca, di cui sono espressione gli articoli pubblicati su La Voce a partire dal n. 68 (luglio 2021), è ancora in corso, ma è evidente che abbiamo rettificato la tesi sulla RPC esposta nel cap. 1.7.3 nel nostro MP.

Nelle righe che seguono indico 1. in cosa consiste la rettifica e i motivi di essa (cioè la ricerca che abbiamo in corso sulla RPC e il PCC) e 2. quali ricadute sulla nostra opera la rettifica comporta.

La lotta tra due classi (il proletariato contro la borghesia), tra due vie (la via che tramite l’instaurazione e la costruzione del socialismo conduce alla società comunista e di contro la via che conduce alla distruzione delle condizioni dell’esistenza della specie umana) e tra due linee nel partito comunista caratterizzano l’epoca imperialista. È uno degli insegnamenti del marxismo-leninismo-maoismo. Quanto giustamente valutiamo il corso delle cose in un paese dipende dal livello della nostra comprensione dello svolgimento di queste tre lotte nel paese. Le tre lotte sono in ogni paese concretamente connesse tra di loro in un modo particolare che deriva dalla storia del paese stesso, quindi dalla combinazione tra le sue relazioni (economiche, politiche, culturali) interne e quelle con il resto del mondo.

Nella valutazione del corso delle cose nella RPC, come nella valutazione del corso delle cose in ogni paese socialista, ha inoltre particolare importanza distinguere 1) la borghesia costituita dai proprietari dei mezzi e delle condizioni dell’attività produttiva di beni e servizi e dai gestori di operazioni finanziarie o speculative (quindi industriali e finanzieri) e 2) la borghesia costituita dai dirigenti del Partito comunista, dello Stato, dell’Amministrazione Pubblica o di altre istituzioni sociali che applicano principi e metodi di direzione propri della borghesia, perché hanno ruoli differenti nella gestione del paese. I primi sono valutati in base al fatto che le loro aziende realizzino gli obiettivi indicati nel piano e rispettino leggi e regole stabilite dallo Stato, i secondi sono valutati non solo per i risultati dell’organismo che dirigono ma anche per l’attività complessiva che svolgono nel partito.(3)


3. In proposito riporto un estratto (pag. 31-32) da VO 10 marzo 2002, Ottava discriminante - seconda puntata. “Era già dottrina acquisita del movimento comunista e ripetutamente illustrata da Marx, da Engels, da Lenin e anche da Stalin (sia pure con qualche contraddizione circa il livello a cui era giunta in URSS l’estinzione degli antagonismi di classe), 1. che il socialismo era la fase di transizione dal capitalismo al comunismo, della trasformazione dei rapporti di produzione, degli altri rapporti sociali e delle idee, concezioni e sentimenti che ad essi corrispondevano, fino a eliminare le fondamenta e le manifestazioni della società capitalista e instaurare rapporti sociali basati sul principio “da ognuno secondo le sue possibilità, a ognuno secondo i suoi bisogni” e le concezioni corrispondenti; 2. che questa transizione avrebbe occupato un intero periodo storico e che si sarebbe completata a livello mondiale con la conseguente estinzione degli Stati, delle barriere di razza e di nazione che dividono ancora gli uomini e di ogni forma di oppressione sulle donne, 3. che, finché questo processo non era compiuto, sopravvivevano, sia pure in misura decrescente e specifica, gli Stati e le divisioni in classi sfruttate e classi sfruttatrici e la lotta di classe restava il motore della trasformazione della società. Mao ha mostrato che per comprendere la lotta di classe nei paesi socialisti occorre considerare chiaramente tre distinti aspetti dei rapporti di produzione: 1. la proprietà dei mezzi e delle condizioni della produzione, 2. le divisioni tra gli uomini nell’attività produttiva, 3. i rapporti di distribuzione del prodotto. Considerando tutti questi tre aspetti era possibile cogliere con sicurezza dove era la borghesia nei paesi socialisti (essa era costituita oltre che dai capitalisti dai dirigenti del Partito, dello Stato e delle altre istituzioni sociali che patrocinavano la via verso il capitalismo), fare un’analisi completa di classe delle società socialiste e quindi dirigere la lotta delle classi oppresse nell’ambito delle nuove condizioni politiche e culturali specifiche della società socialista. La Rivoluzione Culturale Proletaria fu una manifestazione pratica della forza che la lotta di classe poteva sprigionare a favore del comunismo nella società socialista”.


Dopo l’instaurazione del socialismo nel 1949 a conclusione della rivoluzione di nuova democrazia (antifeudale e antimperialista) iniziata nel 1921, il PCC diretto da Mao Zedong ha dapprima guidato la RPC a costruire il socialismo usando le lezioni che ricavava dai grandi successi raggiunti dai popoli sovietici diretti dal PCUS con alla testa prima Lenin e poi Stalin.(4)


4. Per quanto riguarda la via seguita dalla RPC fino al 1976 rimando alle Opere di Mao Tse-tung, 25 volumi Edizioni Rapporti Sociali.


In quest’opera la RPC ha goduto anche dell’aiuto dell’URSS fino al 1961, quando Kruscev ritirò i tecnici sovietici dalla RPC e dette inizio a una condotta di ostilità nei confronti della RPC giunta fino agli scontri militari sul fiume Ussuri (marzo-settembre 1969). Nel 1956 (XX Congresso del PCUS) con Kruscev alla testa i revisionisti moderni, l’ala destra del PCUS, imposero in URSS la via che, sia pure impiegando quasi 35 anni stante la resistenza che le masse popolari sovietiche e la sinistra del PCUS opposero alle misure imposte dal governo e dalla Pubblica Amministrazione dirette dai revisionisti moderni (Kruscev, Breznev, seguaci, complici e successori), avrebbe portato nel 1991 alla dissoluzione il primo paese socialista della storia e all’inizio del periodo di nera reazione che ne è seguita nel mondo.

Dopo il XX Congresso del PCUS gran parte dei partiti del movimento comunista cosciente e organizzato (MCCO) del mondo per ragioni e in modi diversi si adattarono o comunque non si opposero alla svolta impressa dai revisionisti moderni nell’URSS. Il PCC sulle prime restò anch’esso sorpreso dalla svolta dell’URSS e la interpretò come un tentativo di correggere errori e superare limiti del PCUS. Tuttavia ben presto la comprensione da parte del PCC della svolta imposta dai revisionisti moderni fu tale che esso lanciò nel MCCO internazionale la lotta contro la svolta e si diede alla ricerca di una propria via per proseguire nella costruzione del socialismo nella RPC.(5)


5. Si vedano in proposito i volumi da 13 a 17 delle Opere di Mao Tse-tung.


Dei tre pilastri su cui si basa il socialismo (dittatura del proletariato, gestione pubblica dell’attività economica del paese, uso delle risorse del paese per promuovere la crescente partecipazione della popolazione alle attività specificamente umane), il primo è preliminare alla costruzione del socialismo; il secondo è indispensabile e condizionato sia dalla situazione interna del paese sia dal sistema di relazioni internazionali (in particolare la combinazione di aggressioni e infiltrazioni messe in opera dalle potenze e dai gruppi imperialisti) in cui esso opera; il terzo è il principale, perché giunto a un certo punto di sviluppo comporta la fine della divisione dell’umanità in classi sociali e l’estinzione dello Stato: è il pilastro conclusivo. A tal proposito, Marx ed Engels a ragione nel capitolo II del Manifesto del partito comunista (1848) affermano: “Quando, nel corso dell’evoluzione, le differenze di classe saranno sparite e tutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui associati, il potere pubblico perderà il carattere politico. Il potere politico, nel senso proprio della parola, è il potere organizzato di una classe per l’oppressione di un’altra. Se il proletariato, nella lotta contro la borghesia, si costituisce necessariamente in classe e per mezzo della rivoluzione trasforma se stesso in classe dominante e, come tale, distrugge violentemente i vecchi rapporti di produzione, esso abolisce, insieme con questi rapporti di produzione, anche le condizioni d’esistenza dell’antagonismo di classe e le classi in generale e quindi anche il suo proprio dominio di classe. Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e coi suoi antagonismi di classe subentra un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”.

Dopo la rottura con l’URSS il PCC ha sperimentato varie vie per far uscire la RPC dall’arretratezza delle forze produttive che ereditava dall’Impero Cinese, dalla colonizzazione europea iniziata nel 1840 e dalla guerra che aveva dovuto condurre contro gli imperialisti prima europei, poi giapponesi e infine USA. Per la RPC lo sviluppo delle forze produttive era un aspetto indispensabile della costruzione del socialismo e addirittura della sopravvivenza della RPC, stante l’ostilità sia della Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA sia dell’URSS diretta dai revisionisti moderni. Grandi furono i risultati conseguiti negli anni successivi alla fondazione della RPC, ma neanche la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria (1966-1976) diretta dalla “banda dei quattro” (Chiang Ching, Zhang Chunqiao, Wang Hongwen, Yao Wenyuan), nonostante i grandi risultati aveva portato a una crescita delle forze produttive abbastanza rapida vista l’evoluzione delle relazioni internazionali. Ciò ha permesso alla destra del PCC capeggiata da Deng Xiaoping di prendere la direzione del paese dopo la morte di Mao e portare la RPC a puntare per lo sviluppo delle forze produttive sull’apertura della Cina agli investimenti dei gruppi imperialisti nell’industria e nei servizi. Questi a loro volta, a fronte della ripresa della sovrapproduzione assoluta di capitale dopo la ricostruzione nei paesi imperialisti delle distruzioni risultate dalla Seconda guerra mondiale, erano alla ricerca di nuovi campi per valorizzare i loro capitali. Simile apertura il PCC l’aveva già presa in considerazione prima della morte di Mao, quando la direzione era ancora nelle mani della “banda dei quattro” e di Mao: le visite di Kissinger e di Nixon nella RPC risalgono rispettivamente al 1971 e al 1972. La destra del PCC l’attuò su grande scala.

Quello che è scritto nel capitolo 1.7.3 del MP del (n)PCI sulle tre fasi attraversate da gran parte dei primi paesi socialisti è giusto, ma per quanto riguarda la RPC illustra la via imboccata dopo la morte di Mao e l’eliminazione della “banda dei quattro”, sotto la direzione della destra del PCC capeggiata da Deng Xiaoping. A seguito della svolta dettata da Deng grandi furono sia lo sviluppo delle forze produttive nella RPC sia lo sviluppo delle relazioni commerciali e più in generale del complessivo sistema economico (produzione di beni e servizi destinati in Cina o all’estero al consumo umano e produzione di macchinari, utensili, impianti e altri mezzi di produzione), sia lo sviluppo di organismi di ricerca scientifica e tecnologica. Si affermò anche una grande differenza nello sviluppo del socialismo in URSS e nella RPC quanto alla composizione della borghesia (proprietari dei mezzi e delle condizioni della produzione e alti funzionari pubblici) e alla lotta tra le due classi e le due vie. In URSS la proprietà privata dei mezzi e delle condizioni dell’attività produttiva nell’industria e nei servizi (non entro qui in merito al corso delle cose nelle campagne) era scomparsa rapidamente dopo l’instaurazione del socialismo stante il rifiuto dei capitalisti russi di contribuire alla ricostruzione del paese dopo le distruzioni della Prima guerra mondiale e la loro confluenza con i gruppi imperialisti USA, europei e giapponesi nell’aggressione che questi lanciarono nel 1918 e mirata a eliminare il potere sovietico. Nella Cina continentale invece la borghesia nazionale (a differenza della borghesia compradora) partecipò allo sviluppo delle forze produttive anche dopo che il PCC nel 1949 aveva costituito la RPC.

Sotto la direzione dell’ala destra del PCC l’apertura della RPC ai gruppi imperialisti stranieri arrivò però al punto che questi nel periodo aprile-giugno 1989 (“incidenti di P.zza Tienanmen”), probabilmente illusi dal successo che stavano avendo in URSS con Gorbacev e Eltsin, tentarono di instaurare in Cina la direzione di esponenti politici borghesi e rovesciare il PCC, cosa che avrebbe riportato la Cina sotto il loro dominio. Ma neanche la destra del PCC si adattò a simile prospettiva e, capeggiata dallo stesso Deng, stroncò il tentativo dei gruppi imperialisti esteri e dei loro seguaci e alleati cinesi. Persino il segretario generale del PCC (Zhao Ziyang), eletto nel 1987 dal 13° Congresso e quindi in carica solo da due anni, nel 1989 venne sostituito senza congresso nazionale (il 14° Congresso del PCC si riunì solo nel 1992) con Jiang Zemin, che rimase in carica 13 anni. Tienanmen aveva mostrato anche alla destra del PCC che la via promossa da Deng comportava rischi persino per l’indipendenza politica della RPC e la mancanza di coscienza di classe della destra del PCC venne compensata dal suo attaccamento all’indipendenza nazionale. Questo diede nuova forza alla sinistra nel PCC. L’elezione a segretario generale di Xi Jinping nel 2012 (18° Congresso del PCC) segna il ritorno della sinistra alla direzione del PCC e della RPC e l’inaugurazione di una nuova via che riguarda in Cina lo sviluppo dei tre pilastri del socialismo e una trattazione conseguente della lotta tra le due classi e delle contraddizioni aventi carattere di classe.(6)


6. Disuguaglianze e contraddizioni (ogni disuguaglianza in determinate condizioni dà luogo a una contraddizione) che, pur non essendo direttamente disuguaglianze tra classi distinte, sono legate alla divisione della società in classi: o perché derivano dai contrasti di classe esistenti nella società e dall’ordinamento sociale classista di essa, o perché la loro eliminazione è impedita od ostacolata dal carattere classista della società, o perché il loro trattamento è fortemente influenzato o addirittura determinato dal carattere classista della società. Le sette principali disuguaglianze e contraddizioni di questo genere sono: dirigenti/diretti, lavoro organizzativo/lavoro esecutivo, lavoro intellettuale/lavoro manuale, uomini/donne, giovani/adulti, città/campagne, regioni e settori avanzati, regioni e settori arretrati). Per approfondimenti vedere la nota 76 del MP, pag. 281.


Questa svolta si è riversata anche nell’attività internazionale del PCC e della RPC e si è tradotta: 1. nell’uso della forza economica e politica raggiunta dalla RPC a favore dei gruppi e Stati che si ribellano o almeno resistono al corso delle cose imposto dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti e UE (un aspetto di questo è lo sviluppo a partire dal 2008 - crisi dei prestiti subprime negli USA e nel sistema monetario mondiale - del raggruppamento dei BRICS e il suo allargamento ancora in corso), nel lancio nel 2013 della Nuova Via della Seta e in altre iniziative e attività (7) e 2. nel rafforzamento delle relazioni con organismi e individui che nel mondo operano per la rinascita del MCCO. Questo da una parte avviene con i limiti connessi alla lotta tra le due linee ancora in corso nel PCC, al ruolo che la borghesia nazionale cinese e i gruppi imperialisti esteri hanno avuto nello sviluppo della RPC nell’epoca di Deng e ancora hanno, allo stato del movimento comunista internazionale; dall’altra si giova - e sta anche a noi fare in modo che si giovi - della resistenza che il corso di nera reazione suscita nei paesi imperialisti a partire dagli USA e anche nei paesi ex sovietici (tra i quali la Federazione Russa) ed ex socialisti.


7. Vedasi ad esempio l’iniziativa della Scuola Mwalimu Julius Nyerere in Tanzania costruita tra il 2008 e il 2022 illustrata dall’articolo Sull’opera del PCC in Africa (in VO 75 - novembre 2023).


***

Le “Due Sessioni”

Le “Due Sessioni”, ossia la contemporanea riunione plenaria a Pechino dell’Assemblea Popolare Nazionale (parlamento) e della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (organo fondato nel 1949 per lo sviluppo della democrazia socialista, basata su dibattito, cooperazione e verifica del consenso a ogni livello della società), sono nella RPC l’evento politico più rilevante accanto ai Congressi Nazionali del PCC. Entrambi gli organi hanno un mandato quinquennale e ordinariamente sono eletti a suffragio universale dalla popolazione cinese dopo la celebrazione del Congresso Nazionale del PCC.

La riunione di quest’anno, la seconda dopo il XX Congresso del PCC (ottobre 2022), si è svolta tra il 4 e l’11 marzo. Gli oltre 5 mila membri dei due organi hanno dibattuto e deliberato sugli obiettivi di sviluppo economico, sociale, culturale, ecologico e militare nel quadro del 14° Piano Quinquennale 2021-2025.

I principali temi trattati sono stati cinque.

1. Nuove forze produttive di alta qualità: promozione di forze produttive caratterizzate dall’applicazione delle tecnologie più avanzate e da manodopera altamente qualificata, senza abbandonare o trascurare le industrie tradizionali ed evitando la rincorsa di progetti inefficienti e la formazione di “bolle” industriali. I veicoli elettrici, l’industria aerospaziale, l’Intelligenza Artificiale, la produzione di semiconduttori a doppio uso (civile e militare) rientrano in quest’ambito.

2. “Rivitalizzazione rurale”. Con quest’espressione dal 2017 (XIX Congresso) la direzione del PCC intende lo sviluppo delle campagne onnicomprensivo, a lungo termine e inquadrato nella modernizzazione socialista, con l’obiettivo di ridurre le differenze socio-economiche rispetto alle città e l’emigrazione dalle campagna soprattutto dei giovani. Negli ultimi 40 anni circa, dopo l’inizio della “riforma e apertura” nel 1978, la popolazione delle campagne si è drasticamente ridotta a causa della massiccia migrazione dalle aree rurali a quelle urbane, conseguenza dell’industrializzazione che ha alimentato la rapida crescita economica della RPC e, in quel contesto, giustificata dalle autorità della RPC. Altri obiettivi sono 1. rafforzare la sicurezza alimentare per l’intero paese e 2. salvaguardare l’ambiente e la salute dei residenti rurali e di tutta la popolazione della RPC. Si tratta di conseguire l’autosufficienza industriale delle aree rurali tramite investimenti statali e privati (soggetti comunque alla legislazione pubblica), soluzione graduale e localizzata (cioè adattata alle condizioni delle singole province) alla migrazione giovanile per motivi di lavoro e riduzione graduale della contraddizione tra aree rurali e aree urbane. A questi obiettivi si aggiungono il consolidamento dell’eliminazione della povertà assoluta (raggiunta nel novembre 2021) tramite lo sviluppo economico, il miglioramento del sistema di governo (maggiore mobilitazione democratica delle comunità locali e una più mirata direzione delle istituzioni) e la costruzione di una società ecologicamente compatibile contro le produzioni inquinanti e inutili.

3. Miglioramento del sistema di supporto per l’occupazione dei laureati (riduzione della disoccupazione giovanile urbana e creazione in un anno di 12 milioni di nuovi posti di lavoro), miglioramento del sistema di formazione professionale nazionale.

4. Nuova Via della Seta: accento sullo sviluppo economico-commerciale interno tramite il progresso del “Nuovo corridoio commerciale internazionale terra-mare” che collega il sud-ovest della Cina, privo di sbocchi sul mare, con la costa orientale, attraverso la provincia del Guangxi. La Nuova Via della Seta si concentrerà sull’apertura di nuove vie commerciali attraverso le regioni meno sviluppate della Cina, diversificandosi dalla precedente enfasi sullo Xinjiang (provincia autonoma della Cina occidentale con una popolazione in maggioranza uigura).

5. Promozione dello sviluppo economico, dell’indipendenza politica e della collaborazione diplomatica del Sud Globale, cioè degli ex paesi coloniali e semicoloniali dell’America Latina, dell’Africa e dell’Asia (Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda a parte), attraverso accordi vantaggiosi per ogni paese, difesa del diritto internazionale contro gli attacchi dei paesi imperialisti, risoluzione pacifica dei contrasti.

***


Il corso reale della storia ha confermato che sono le masse che fanno la storia. Nell’epoca imperialista l’umanità è contesa tra due vie che sono antagoniste: la via della rivoluzione socialista e la decadenza della società borghese fino alla distruzione delle condizioni della vita umana sulla Terra. Neanche la via imposta dai revisionisti moderni in URSS e in altri dei primi paesi socialisti ha potuto né poteva riportare il dominio della borghesia sia nel sistema di relazioni sociali dei singoli paesi sia nel sistema di relazioni internazionali a quello che esso era prima dell’inizio della prima ondata mondiale della rivoluzione socialista. Sbagliano gli esponenti del MCCO italiano che interpretano il socialismo con caratteristiche cinesi come dimostrazione che è possibile conciliare le due vie: sviluppo del capitalismo e progresso delle masse popolari. Non a caso alcuni di essi si combinano con quelli che sostengono che è possibile il socialismo nel nostro paese senza rivoluzione socialista e senza partito comunista clandestino. Nel distacco dal marxismo-leninismo-maoismo essi si combinano anche con quelli che attaccano il PCC e la RPC perché le aziende cinesi (private e pubbliche) insediate in Italia (o in altri paesi imperialisti) si comportano come aziende capitaliste. Ma non potrebbero comportarsi diversamente: il socialismo lo instaurano i proletari! All’inizio del secolo XIX l’industriale britannico Robert Owen (1771-1858) che ebbe un ruolo importante nel movimento cartista proponeva un socialismo promosso da capitalisti umanitari. La storia e la critica di Marx e altri hanno mostrato il carattere utopistico della concezione e della linea di Owen. Le condizioni dei lavoratori di un paese capitalista si trasformano con la lotta di classe, non le trasformano i proprietari delle aziende grazie alla loro buona volontà. Pensare alla Owen o alla Papa Bergoglio fa solo perdere tempo ed energie.

Ma è invece vero che l’instaurazione e la costruzione del socialismo assumono forme diverse da paese a paese.

Il marxismo-leninismo ha valorizzato la parte più avanzata della plurimillenaria civiltà europea, indicando il salto in avanti che il capitalismo, sviluppatosi in Europa, ha fatto compiere all’umanità e il salto che esso le ha reso necessario fare e che la borghesia per sua natura non è in grado di fare, benché l’umanità sia oramai nell’epoca imperialista della società borghese (epoca della rivoluzione socialista e della decadenza della società borghese).

Il marxismo-leninismo applicato da Stalin su grande scala nell’URSS e tramite l’Internazionale Comunista nel mondo ha mostrato cosa l’umanità nell’epoca imperialista, ancora condotta dalla borghesia, è in grado di fare e deve fare per continuare a vivere, per sopravvivere al capitalismo e forgiare un nuovo ordinamento sociale, frutto della transizione dal capitalismo al comunismo, ovvero un modo di produzione in cui sfruttamento e oppressione di classe, genere, nazionalità e religione non esisteranno più e in cui gli uomini e le donne, consapevolmente e su ampia scala praticheranno il principio “da ciascuno secondo le sue capacità e a ciascuno secondo i suoi bisogni”.

Il marxismo-leninismo-maoismo ha mostrato nella Repubblica Popolare Cinese (RPC) come i popoli dei paesi oppressi, delle colonie e delle semicolonie entrano a far parte della futura umanità comunista tramite il movimento comunista cosciente e organizzato, più precisamente tramite rivoluzioni di nuova democrazia (antimperialiste e antifeudali).

Come innovatore e prosecutore del marxismo-leninismo-maoismo in un momento specifico di sviluppo della storia cinese (la “nuova era”, inaugurata nel 2012 in occasione del 18° Congresso del PCC), Xi Jinping mostra cosa l’umanità deve fare oggi per compiere il salto richiesto.

Noi comunisti italiani dobbiamo trovare il modo in cui farlo nel nostro paese, applicando concretamente il marxismo-leninismo-maoismo, promuovendo e conducendo in un paese imperialista come l’Italia la Guerra Popolare Rivoluzionaria di Lunga Durata che da esso deriviamo.(8)


8. In proposito si vedano il capitolo 3.3 del Manifesto Programma e l’Avviso ai naviganti 7 - 16.03.2012.


Naturalmente, noi comunisti italiani dobbiamo tenere ben presente che in termini politici, economici, culturali, morali il contesto cinese era ed è molto diverso da quello in cui operiamo noi ancora più di quanto lo era il contesto in cui i comunisti sovietici hanno costruito l’URSS.

Contrastiamo la tifoseria dei sinologi (a partire da quelli che si dichiarano marxisti) che frequentemente rileviamo tra gli organismi (organizzazioni, riviste, ecc.) del MCCO italiano. Quindi contrastiamo anche il loro elogio sperticato del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi come “marxismo del XXI secolo”. Essi

1. non considerano le particolarità oggettive e soggettive (del MCCO e del partito comunista che ne è l’avanguardia) che distinguono tra loro paesi imperialisti, paesi oppressi dalla Comunità Internazionale dei gruppi imperialisti USA, sionisti ed europei e paesi socialisti derivanti dalla prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale tuttora esistenti (RPC, Repubblica Popolare Democratica di Corea, Vietnam, Laos, Cuba);

2. trascurano la lotta di classe, quindi per quanto riguarda la RPC si occupano prevalentemente del suo progresso economico e scientifico-tecnologico, che rientra nel secondo dei tre pilastri del socialismo, e poco o niente del primo e del terzo: come il PCC seleziona e forma i suoi membri, le classi a cui appartengono, il ruolo che svolgono nelle aziende, nelle istituzioni, nelle scuole, nei villaggi, ecc.; quali misure il PCC attua per promuovere e accrescere la partecipazione della popolazione alle attività specificamente umane; se la gestione delle aziende è fatta per il profitto dei capitalisti oppure per soddisfare i bisogni individuali e collettivi della popolazione; in quali condizioni si lavora nelle aziende in termini di sicurezza, di rapporto tra quadri tecnici e amministrativi e operai semplici, di direzione del Partito sul personale, ecc.;

3. per lo stesso motivo, indicano il multipolarismo, che promosso dal governo della RPC nel sistema delle relazioni internazionali serve a denunciare la politica di aggressione degli imperialisti USA contro ogni Stato che non si piega alla loro volontà e a coalizzare i paesi le cui autorità vogliono liberarsi dalla cappa degli imperialisti USA, come linea che anche i comunisti dei paesi imperialisti dovrebbero perseguire: cosa che, oltre a essere velleitaria, distoglie dall’occuparsi della rivoluzione nei paesi imperialisti e induce ad affidarsi invece alla speranza che la RPC coalizzandosi con la Federazione Russa, l’Iran e altri porterà imperialisti USA e soci a più miti consigli.

Tuttavia, dobbiamo valorizzare al meglio che ci riesce l’opera di chi pratica questa tifoseria, ricavandone informazioni sul dibattito interno al PCC e sul corso delle cose nella RPC e usarle

- per comprendere gli sviluppi della lotta tra le classi e tra le due vie nella RPC e della lotta tra due linee nel PCC,

- per distinguere l’attività del PCC per la rinascita del MCCO internazionale (aspetto che a noi comunisti italiani interessa in misura preminente), l’attività del PCC per la costruzione del socialismo in Cina e l’attività internazionale del governo cinese,

- per organizzare nuovi compagni nella Carovana del (n)PCI, facendo leva proprio sul loro interesse per la RPC,

- per contrastare l’idea che un Governo di Blocco Popolare non potrebbe stare in piedi perché si troverebbe isolato e verrebbe stroncato dalla Comunità Internazionale e valorizzare invece l’aiuto che l’azione internazionale della RPC darà al futuro Governo di Blocco Popolare.

Antonio L.