Torna all'indice del n° 9 - novembre 2001

Sempre sulla settima discriminante

Perché il nuovo partito comunista deve essere un partito clandestino?

Può esistere un partito comunista clandestino nei paesi imperialisti?

Come è possibile che un partito clandestino sia legato alle masse e orienti tutta la loro lotta politica, economica e culturale?

 

Perché il nuovo partito comunista, che non è un gruppo combattente, deve tuttavia essere clandestino?

Perché avete deciso di costruire il partito comunista a partire dalla clandestinità, prima che la borghesia imperialista vi mettesse fuorilegge? Sono domande che ci vengono poste spesso.

Sono domande a cui noi dobbiamo dare una risposta esauriente, basata sull’esperienza storica del movimento comunista e sulla esperienza corrente nostra, dei compagni che ci interrogano e del pubblico, intendendo con questa espressione gli operai avanzati e gli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari. Quindi è un argomento su cui ogni compagno del partito, nella stampa, nelle riunioni e nelle conversazioni, dovrà ritornare più e più volte, esaminando ogni volta nuovi aspetti o esaminando vecchi aspetti ma alla luce delle esperienze nuove del nostro pubblico. Le note che seguono affrontano alcuni aspetti del problema, ma sono lungi dall’esaurirlo.(1)

Cosa intendiamo per partito clandestino?

Il partito clandestino non è una associazione segreta o una setta. Voglio dire che noi non cerchiamo di tenere nascoste alle masse né l’esistenza, né le concezioni e gli obiettivi (il programma), né la linea del partito. Al contrario noi ne diamo e sempre ne daremo la più ampia diffusione consentita dalle nostre forze. Noi diciamo alle masse la verità. Ovviamente a volte sbagliamo, ma appena ce ne rendiamo conto, lo ammettiamo apertamente davanti alle masse. Siamo convinti che ciò aumenterà la fiducia delle masse nel partito e i legami del partito con le masse e quindi la nostra vera e principale forza.

Il partito opera a partire dalla clandestinità. Ciò vuol dire che la sua direzione e una parte dei suoi membri sono irreperibili dalla borghesia imperialista, che cerchiamo inoltre di fare in modo che tutti i suoi membri e i canali dei suoi legami con le masse popolari siano ignoti alla borghesia imperialista. In questo modo diventa per la borghesia imperialista difficile ricattare, corrompere, infiltrare, minacciare, arrestare membri e organismi del partito. Diventa impossibile per la borghesia imperialista interrompere completamente e per un lungo periodo l’attività del partito e privare la classe operaia e le masse popolari della direzione della loro lotta.

Quindi il partito comunista deve essere un partito clandestino indipendentemente dalla lotta armata. Legare clandestinità del partito comunista e lotta armata (“il partito deve essere clandestino solo se e quando conduce la lotta armata”), significa ritenere che la borghesia imperialista permetta ai comunisti, alla classe operaia e alle masse popolari di svolgere liberamente ogni attività fino a che non imbracciano le armi. Il che non corrisponde alla realtà. Persino restando sul piano legale, basta pensare ai reati di associazione sovversiva, istigazione all’odio di classe, apologia di reato, vilipendio e simili contemplati dal codice penale del nostro e di molti altri paesi. Le misure legali “antiterrorismo” prese da tutti i governi dei paesi imperialisti in questi giorni, aumentano gli strumenti legali di cui le pubbliche autorità dispongono per reprimere e controllare l’attività politica dei comunisti, degli operai avanzati e degli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari. Ma limitare l’attenzione al piano legale significa nascondere la parte più importante della realtà. Il regime di controrivoluzione preventiva consiste proprio nel fatto che la borghesia imperialista, in nome della “sicurezza nazionale”, calpesta le sue stesse leggi e sistematicamente controlla e reprime preventivamente l’attività politica dei comunisti e in generale degli operai avanzati e degli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari. La “strategia della tensione” ben nota al pubblico italiano è una delle manifestazioni (forme) di questa attività sistematica della borghesia imperialista, ma non l’unica.

Partito clandestino non vuol dire partito armato. Il partito clandestino è un sistema di organizzazioni che ha il compito di unire, formare, selezionare e mettere all’opera i comunisti. Ha il compito di mobilitare le masse, elevare la loro coscienza politica, promuovere, organizzare e dirigere le loro attività politiche (comprese quelle militari) e rivendicative (che in alcuni periodi sono per la maggior parte pubbliche, aperte, “alla luce del sole”). Ha il compito di raccogliere le opinioni e i sentimenti delle masse, farne il bilancio, elaborarle e ricavarne linee, metodi e misure e portarle alle masse perché le attuino. Deve promuovere e dirigere la mobilitazione rivoluzionaria delle masse (la guerra popolare rivoluzionaria), che non è solo né principalmente lotta armata di organizzazioni comuniste combattenti: è mobilitazione e organizzazione politica, orientamento delle masse, unificazione della volontà delle masse sostenuta da una adeguata struttura organizzativa, mobilitazione delle masse in tutte le forme di espressione della volontà politica e dell’attività politica, armamento generale delle masse, attività politica e attività militare di organizzazioni militari, delle milizie, ecc. L’attività di gruppi e organizzazioni specialistiche deve essere supporto, fattore di promozione e coronamento della diffusa attività delle masse popolari, non sostituzione e supplenza.

È questo sistema di organizzazioni che deve essere clandestino, ignoto alla borghesia, fatto in modo da essere capace di difendersi dai suoi tentativi di infiltrazione, corruzione, repressione, sottratto al suo controllo, capace di funzionare quali che siano i tentativi della borghesia di reprimerlo, soffocarlo, disperderlo, eliminarlo. È tutto un sistema di selezione, reclutamento, formazione dei suoi membri, tutto un sistema di vita, di funzionamento e di attività che deve essere messo in piedi per adempiere a quei compiti indispensabili perché l’attività della classe operaia e delle masse popolari contro la borghesia imperialista possa svilupparsi con continuità fino alla vittoria. Senza questo sistema che la promuove, la organizza e la dirige, l’attività della classe operaia e delle masse popolari non può svilupparsi fino alla vittoria. La storia lo ha più volte dimostrato nel nostro e in altri paesi. I 150 anni di storia del movimento comunista sono pieni di esperienze dolorose subite dalle masse popolari ogni volta che i comunisti, per superficialità o per avventurismo, hanno ignorato questa lezione.

Il partito comunista clandestino non è un partito clandestino di riserva al partito legale, che deve entrare in azione quando la borghesia mette fuori legge il partito legale. A volte i revisionisti hanno ridotto a questo la concezione del partito clandestino, per concludere che è impossibile, che “è difficile mantenere in piedi un’organizzazione che non deve fare nulla fino al momento dell’illegalità. E non meno difficile sarebbe nei periodi di legalità stabilire legami riservati tra un embrione di organizzazione illegale e l’organizzazione e l’attività legale”.(2) Ancora peggio, come farebbe un’organizzazione che non ha fatto nulla, quindi che non ha né esperienza né legami con le masse, a dirigere le masse nel modo specifico di un partito comunista (che è profondamente differente da quello di un ufficiale paracadutato tra le truppe di un esercito) e questo proprio in un momento critico, in cui rapidità e unità d’azione e d’orientamento delle larghe masse sono essenziali?

L’esperienza ha dimostrato che anche la soluzione del partito legale che dispone di un “apparato organizzativo clandestino parallelo” in vista delle situazioni d’emergenza (come indicato nella terza delle 21 condizioni poste nel 1920 dall’Internazionale Comunista ai partiti che volevano aderire) non è adeguata neanche al compito di far fronte alle situazioni d’emergenza. Su questo punto l’esperienza del vecchio Partito comunista italiano è esauriente e conclusiva.(3) Tanto meno adeguata è quella attività illegale che è svolta come attività marginale da molte delle organizzazioni comuniste degne di questo nome.

Ma un partito comunista clandestino riesce ad esistere ed operare in un paese imperialista?

Una prima risposta a questa domanda è: “Certamente, è esistito persino sotto i regimi fascisti e durante la guerra mondiale”. La risposta ha un certo valore, ma non è del tutto soddisfacente. I regimi fascisti e lo stato d’assedio vietavano alle masse popolari, e in particolare alla classe operaia, quasi ogni attività politica e quindi costringevano le masse popolari e la classe operaia a volgersi quasi necessariamente al partito clandestino, a sostenere le sue attività e ad arruolarsi nelle sue organizzazioni. Il partito clandestino era quindi alimentato da un concorso creato dallo stesso regime fascista e dallo stato di guerra. Gli operai avanzati e gli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari per svolgere la loro attività erano indotti dalle circostanze (create dal movimento generale della società e dalla borghesia imperialista) a confluire in qualche modo nel partito clandestino e nelle organizzazioni ad esso collegate.

In Italia abbiamo l’esperienza più recente delle Brigate Rosse e di altre organizzazioni clandestine degli anni ‘70. Quell’esperienza dimostra che, a certe condizioni, il partito clandestino può esistere e operare anche se agli operai avanzati e agli esponenti avanzati delle altre classi delle masse popolari la borghesia imperialista non ha interdetto ogni attività politica legale. A quali condizioni? 1. Che gli obiettivi del partito corrispondano alle necessità oggettive delle masse popolari (anche se la stragrande maggioranza di esse non ne è ancora consapevole) e 2. che il carattere clandestino del partito trovi un certo riscontro nella sensazione diffusa tra gli elementi avanzati che non sono liberi di operare, che l’attività politica pubblica e aperta ha prospettive limitate e non conclusive.

Ora che l’unico sbocco possibile dell’attuale crisi generale sia lo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse e mobilitazione reazionaria delle masse è talmente inscritto nella realtà oggettiva che sta sempre più diventando luogo comune.(4)

La controrivoluzione preventiva è nel nostro paese (e in altri paesi imperialisti) esperienza e coscienza diffusa tra gli elementi avanzati delle masse popolari. Lo conferma anche la diffusione di attività illegali come attività secondarie e marginali di organizzazioni legali (semilegalità).(5)

La sopravvivenza dagli anni ‘70 ad oggi delle organizzazioni militariste è un’ulteriore conferma. Infatti la sopravvivenza delle società militariste non va confusa col proliferare di organismi clandestini promossi dalla classe dominante o comunque ad essa collegati. Questi ultimi infatti usufruiscono dei privilegi politici ed economici propri della classe dominante e vivono grazie ad essi. (Tra parentesi va riconosciuto ai militaristi, nonostante la deviazione che ne deforma e limita l’attività, il merito di aver salvaguardato l’organizzazione clandestina in un periodo in cui da un lato la borghesia imperialista con le torture e le promesse e i dissociati e i “democratici” con più o meno dotti argomentazioni disfattiste dall’altro univano le forze per la liquidazione di ogni organizzazione clandestina dei rivoluzionari).

Come è possibile che un partito clandestino sia legato alle masse e orienti tutta la loro lotta politica, economica e culturale?

Anzitutto è doveroso dire chiaramente che il legame con le masse è la forza principale di ogni partito comunista. Ciò per non confondere il partito comunista con quelle società militariste che, nonostante il militarismo che ispira la loro attività, lasciano sempre un certo spazio nelle loro risoluzioni al “legame con le masse” e cercano sempre di mostrare il legame tra le loro attività e le condizioni e i movimenti delle masse.(6)

A questa domanda ovviamente noi non possiamo dare una risposta basata sull’attività di un partito che deve ancora venire. La dimostrazione pratica e conclusiva sarà la stessa attività del futuro partito, attività che certo non sarà esente da errori, da sconfitte parziali attraverso le quali, passo dopo passo, con la critica e l’autocritica, troveremo le forme e i metodi per legarci alle masse popolari e orientare tutta la loro lotta politica, economica e culturale. Una risposta convincente a questa domanda sta nell’esperienza del partito di Lenin. Ripercorriamo quindi alcune tesi di Lenin nel periodo 1907-1914 in cui in Russia, a seguito della rivoluzione del 1905, le masse popolari svilupparono una certa attività politica pubblica e in particolare il partito ebbe un proprio gruppo parlamentare, propri giornali legali anche quotidiani e propri delegati nelle casse mutue e in altre organizzazioni economiche e sindacali pubbliche e legali degli operai.(7)

Lenin, La quinta conferenza del POSDR dicembre 1908 (Opere vol. 15 pag. 307).

La conferenza incarica la commissione [per le questioni organizzative] di porre a fondamento dei suoi lavori i principi di quella corrente secondo la quale il lavoro tra le masse - che resta il compito fondamentale della socialdemocrazia - deve essere diretto alla creazione e al consolidamento di un’organizzazione illegale, secondo la quale solo a mezzo della costante influenza dell’organizzazione illegale è possibile compiere in modo giusto e interamente il lavoro tra le masse, l’influenza che si deve esercitare sul gruppo parlamentare, l’attività del partito intorno a questo gruppo, un uso delle organizzazioni legali e semilegali che non conduca a menomare i compiti di classe della socialdemocrazia.”

Lenin, Conferenza della redazione del “Proletari” luglio 1909 (Opere vol. 15 pag. 408).

Il nostro compito più urgente consiste nel difendere e nel rafforzare il POSDR. Nella realizzazione di questo nostro grande compito c’è un momento di estrema importanza: è la lotta contro il liquidatorismo di destra e contro il liquidatorismo di sinistra.

I liquidatori di destra affermano che non c’è bisogno di un POSDR illegale, che i socialdemocratici devono concentrare la loro attività esclusivamente o quasi esclusivamente sull’attività legale.

I liquidatori di sinistra sostengono la posizione opposta: secondo loro non esistono possibilità legali per l’attività del partito, essi sostengono la clandestinità assoluta.

Gli uni e gli altri sono liquidatori del POSDR quasi in egual misura, perché senza un sistematico e razionale coordinamento del lavoro legale e illegale, nella situazione impostaci oggi dalla storia ‘la difesa e il rafforzamento del POSDR’ sono impossibili.”

Lenin, Partito illegale e lavoro legale novembre 1912 (Opere vol. 18 pag. 372).

La questione del partito illegale e del lavoro legale dei socialdemocratici in Russia è una delle questioni più importanti del partito; durante tutto il periodo che è seguito alla rivoluzione [del 1905] essa ha occupato il POSDR e ha suscitato la più accanita lotta nelle sue file.

La lotta dei liquidatori contro gli antiliquidatori è stata condotta soprattutto intorno a questa questione e la sua acutezza è pienamente spiegata dal fatto che essa riguardava l’alternativa: deve o non deve continuare a esistere il nostro vecchio partito illegale? La ‘Conferenza di dicembre’ del POSDR, tenutasi nel 1908, condannò recisamente il liquidatorismo ed espose chiaramente, in un’apposita risoluzione, il pensiero del partito sulle questioni organizzative: il partito è costituito dalle cellule socialdemocratiche illegali che devono crearsi dei “punti di appoggio per il lavoro tra le masse” sotto forma di una rete, quanto più possibile estesa ed articolata, di svariate associazioni operaie legali.”

Cioè già nella Russia ancora zarista e semifeudale tra i comunisti (che ancora si chiamavano socialdemocratici) si discuteva se il partito comunista doveva essere clandestino o “alla luce del sole”, se il centro di gravità del partito doveva essere il lavoro clandestino o il lavoro legale.

Oggi noi siamo in un paese imperialista dove le masse popolari e in particolare la classe operaia hanno ripetutamente combattuto e conquistato il diritto di parola, di manifestazione e di organizzazione, dove ufficialmente il governo deve essere approvato dal Parlamento, il Parlamento deve essere periodicamente eletto a suffragio universale e tutto lo Stato ufficialmente è vincolato a operare in conformità alle leggi approvate dal Parlamento. In più nel nostro paese è ancora ufficialmente in vigore una Costituzione approvata a pochi anni dalla fine della Resistenza. Infine la classe operaia e le masse popolari del nostro paese, negli anni successivi all’abbattimento del fascismo, hanno continuato per anni a sviluppare una fitta rete di attività e di istituzioni politiche, culturali ed economiche, ottenendo anche notevoli successi. Quindi non ci deve meravigliare e tanto meno spaventare o abbattere il fatto che oggi da noi pochi condividano la tesi che il nuovo partito comunista deve essere costruito a partire dalla clandestinità, che deve avere il centro strategico della sua attività nella clandestinità.

Notate che i liquidatori del tempo di Lenin, quelli che al tempo di Lenin sostenevano che il partito doveva essere legale (cioè svolgere tutta la sua attività pubblicamente, solo nelle forme consentite dalla legge sia pure cercando di allargarle continuamente, solo “alla luce del sole”) erano ben consapevoli che nelle loro condizioni la legge vietava di costituire pubblicamente un partito politico (di proclamarlo, di fare apertamente propaganda per esso, di raccogliere pubblicamente adesioni, di tenere riunioni apertamente di partito, di aprire sedi ufficiali del partito, ecc.). Eppure sostenevano che il partito doveva concentrare la sua attenzione sull’attività legale. Più avanti, nello stesso scritto, Lenin affronta questo apparente paradosso e spiega una cosa molto interessante per comprendere quale legame esiste tra la natura del partito di oggi e le prospettive del futuro che ci attende (la valutazione della situazione attuale).

Lenin dice che, nella situazione di quegli anni in Russia, la concezione dei comunisti sostenitori del partito legale, “non si distingue in nulla da quella dei cadetti” [borghesi liberali, borghesia di sinistra diremmo noi oggi]. “I cadetti sostengono che ‘il loro partito nel suo insieme deve per forza di cose rimanere nell’illegalità’ (...) ma che, dato il cambiamento delle condizioni [la conquista di una certa libertà politica conseguente alla rivoluzione del 1905], il partito illegale deve adeguarsi al movimento legale. Per loro questo è sufficiente. Per loro l’interdizione del loro partito che lo rende illegale, è una cosa fortuita, ‘anormale’, una sopravvivenza del passato, mentre la cosa principale, essenziale, fondamentale è il loro lavoro legale. In loro questa tesi deriva logicamente dalla ‘valutazione della situazione attuale’ espressa nella forma più limpida dal signor Gredeskul: non occorre una nuova rivoluzione, occorre unicamente un ‘lavoro costituzionale’.

Secondo loro l’illegalità del partito cadetto è un fenomeno casuale, un accidente. È un’eccezione nel sistema generale del ‘lavoro costituzionale’. Da ciò logicamente deriva che ‘l’organizzazione illegale deve adattarsi al movimento legale’. Così vedono le cose i cadetti.

Il partito socialdemocratico invece la pensa in modo completamente diverso. La sostanza delle conclusioni che esso trae dalla valutazione della situazione attuale è che una nuova rivoluzione è necessaria e si avvicina. Sono cambiate le forme dello sviluppo con cui andiamo verso la rivoluzione, mentre gli obiettivi della rivoluzione restano immutati. Da questo fatto, noi traiamo la conclusione che le forme dell’organizzazione devono cambiare, che la forma delle ‘cellule’ deve essere meno rigida, che in molti casi lo sviluppo di queste cellule non si farà direttamente ma attraverso organizzazioni ‘periferiche’ legali, ecc. (...)

Ma quelli che parlano di ‘adattare’ l’organizzazione illegale al movimento legale presentano in modo del tutto sbagliato questo cambiamento delle forme dell’organizzazione illegale. Le cose non stanno affatto come loro dicono. Le organizzazioni legali sono dei punti d’appoggio che consentono di far penetrare tra le masse le idee delle cellule illegali. Ciò significa che noi cambiamo la forma in cui si esercita la nostra influenza, in modo da dare a questa influenza una direzione illegale.

È quindi chiaro che ciò che si adatta al movimento legale è la forma dell’organizzazione. Mentre, quanto al contenuto del lavoro del partito, è l’attività legale che ‘si adatta’ alle idee illegali (...).

Potete ora giudicare quanto valga la concezione dei liquidatori. Essi accettano la prima tesi (quella che riguarda la forma del nostro lavoro), ma ignorano la seconda (quella che riguarda il contenuto del nostro lavoro). E coronano i loro sragionamenti da cadetti con la seguente conclusione sulle forme di organizzazione da adoperare per costruire il partito: ‘Bisogna costruire il partito in modo da trasformarlo attirando le masse nel movimento legale e adattare la nostra organizzazione illegale a questo movimento.’

Diciamo noi: forse che questa indicazione ha ancora qualcosa a che fare con l’indicazione del partito, ‘costruire il partito vuol dire moltiplicare le cellule illegali circondandole di punti di appoggio legali’?”

Quindi non si tratta di avere una qualche forma di struttura clandestina per far fronte a passeggere e transitorie illegalità del regime, per sopravvivere a transitorie ed episodiche ‘deviazioni’ del regime dalla legalità. No. Siccome dobbiamo preparare e promuovere una rivoluzione, e ciò è sicuro perché la situazione attuale ha come unico sbocco possibile lo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse e mobilitazione reazionaria delle masse (questo lo dice l’analisi del movimento economico della società e lo ammettono persino i compagni di Politica Comunista, di Scintilla, del Circolo Lenin di Catania e di altre FSRS), abbiamo bisogno di un partito che abbia l’illegalità come centro della sua attività (cioè sia un partito clandestino), mentre beninteso usa tutte le forme di attività e di organizzazioni legali per estendere la sua influenza.(8)

Chi ha come prospettiva una attività puramente legale, cioè chi concepisce la lotta politica da condurre oggi e nel futuro prevedibile come un qualcosa racchiuso nei limiti delle istituzioni attuali della società e di una loro graduale evoluzione verso forme più democratiche e più egualitarie ed esclude quindi l’obiettivo della rivoluzione socialista (eliminazione delle attuali istituzioni sociali e instaurazione della dittatura del proletariato), se le circostanze lo costringono a svolgere un’attività illegale (come ad es. quando il regime fascista mise fuori legge e sciolse tutti gli altri partiti e costrinse quindi quelli che non accettavano di sciogliersi a lavorare nella clandestinità, come ad es. quando l’attenzione della polizia si fa più pressante del solito, come ad es. quando uno scandalo o un assassinio di regime o una qualche strage o un colpo come quello tentato a Genova da Berlusconi e Fini impediscono di non vedere la controrivoluzione preventiva su cui poggia il regime politico del paese), svolge la sua attività clandestina allo scopo di rafforzare le sue posizioni fino a ottenere di poter lavorare apertamente e completamente nella legalità e abbandonare l’attività illegale.(9)

Noi abbiamo invece come obiettivo un’attività illegale che via via si rafforzi fino a coinvolgere le ampie masse a sovvertire le attuali istituzioni della società per eliminarle e instaurare al loro posto la dittatura del proletariato. Quindi svolgiamo sempre tutte quelle attività legali che le circostanze permettono e che ci sono utili e le svolgiamo proprio solo allo scopo di rafforzare anche con esse la nostra attività illegale e per educare e mobilitare le masse al lavoro illegale.

Ripercorrere l’esperienza di Lenin vale anche a indicare ai lettori che ne dubitassero, che la nostra tesi attuale non è in contrasto con l’esperienza e la teoria del movimento comunista, ma al contrario è conforme all’esperienza e alla teoria del movimento comunista. Il che ovviamente non ci esime dal considerare le condizioni presenti della rivoluzione socialista nel nostro paese e la misura in cui corrispondono alle condizioni cui si riferisce l’esperienza e la teoria del movimento comunista richiamate.

È proprio su questo che chiamiamo tutti i comunisti a riflettere: crediamo che sia compito inderogabile di chiunque vuole affrontare seriamente la questione della rivoluzione socialista nel nostro paese.

Ernesto V.

 

NOTE

 

1. Questo problema è stato più volte affrontato, ora sistematicamente ora di sfuggita, in scritti pubblicati su La Voce. In particolare nel n. 1 pag. 23-52 dell’articolo Quale partito comunista? e nel n. 5 pag. 23-30 Ancora sulla settima discriminante. Anche gli scritti relativi al regime politico dei paesi imperialisti (la controrivoluzione preventiva) e quelli relativi allo sbocco inevitabile della attuale crisi generale del capitalismo (lo scontro tra mobilitazione rivoluzionaria delle masse e mobilitazione reazionaria delle masse) sono strettamente connessi con l’argomento di cui tratta questo articolo.

2. L. Longo - C. Salinari, Tra reazione e rivoluzione, Ed. del Calendario 1972 pag. 255 e segg.

3. Nel volume citato in nota 3, L. Longo dà ragguagli interessanti in merito. Tutte le memorie dei fondatori del partito sono altrettanto interessanti. Anche la Storia del Partito comunista italiano vol. 1 di P. Spriano contiene elementi utili per valutare la questione.

4. Persino FSRS che si ispirano al “ritorno al marxismo-leninismo” e piuttosto legalitarie come Scintilla, Politica Comunista e il Circolo Lenin di Catania scrivono oramai, nel loro appello di luglio 2001 alla ricostruzione del partito, che “alla mobilitazione reazionaria delle masse può e deve essere contrapposta solo la mobilitazione rivoluzionaria” delle masse.

5. È a queste attività illegali di un’organizzazione legale che si riferisce la quarta discriminante indicata in Rapporti Sociali n. 19 Le sei discriminanti e i quattro problemi. La diffusione spontanea di simili attività indica la necessità del partito clandestino, ma sta al partito clandestino come le idee diffuse e confuse delle masse stanno alla linea che il partito ne trae elaborandole.

6. Esemplare al riguardo è la Cellula cui ho dedicato un articolo nel n. 8 di La Voce (Prima risposta a un invito). La Cellula è attenta, più di altri gruppi militaristi, a legare le sue iniziative al movimento e allo stato d’animo delle masse e non c’è documento in cui non ponga il compito di “stabilire e conservare un costante e stretto rapporto con le masse”. Se però osserviamo gli scritti programmatici della Cellula, vediamo che usa questa formula di rito per passare a quello che in realtà principalmente le interessa e in cui ripone principalmente la sua speranza: la lotta armata. Mentre secondo i comunisti costruire e rafforzare il legame con le masse è l’arma principale del partito, da cui dipende l’esito di ogni attività. Nei documenti dei militaristi, trovate molto su come costruire OCC, poco o nulla su come costruire il partito.

7. La citazioni di Lenin sono prese dalla traduzione italiana rivista in base all’originale.

8. Ovviamente non parlo dell’attività delle masse (l’assemblea, la mozione di protesta, la dimostrazione di protesta, lo sciopero, la dimostrazione di strada, la rivolta, l’insurrezione, ecc.): queste attività ovviamente per la loro stessa natura sono “aperte”, “pubbliche”, avvengono alla luce del sole. Parlo dell'attività del partito.

9. Tra i “brillanti” profeti di un futuro democratico e pacifico ricordo il prof. Toni Negri e la sua recente opera Empire, molto apprezzata dalla borghesia e dai capi di Autonomia Organizzata.

 

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