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(n)PCI (nuovo)Partito comunista italiano

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Comunicato CP 28/09 - 30 dicembre 2009

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Attaccare con metodo e avanzare nella guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata!

 

La situazione è tale che nel nuovo anno siamo chiamati a decidere quale delle due vie il nostro paese prenderà nell’immediato futuro!

 

Che il nuovo anno segni un deciso passo avanti verso la costituzione del governo di Blocco Popolare!

 

 

Queste sono le parole d’ordine che noi comunisti dobbiamo portare in queste settimane tra le masse popolari, in primo luogo tra gli operai. Ogni Comitato di Partito è chiamato a farne un uso ampio e creativo, sfruttando nel modo più efficace e sulla scala più larga di cui è capace ogni possibilità di propaganda che la sua situazione particolare e concreta presenta.

Dobbiamo inoltre con tutte le nostre forze spingere gli operai e il resto delle masse popolari a organizzarsi ad ogni livello per realizzare queste parole d’ordine costituendo un governo di Blocco Popolare. La lotta per realizzarle è la scuola di cui le masse popolari del nostro paese hanno bisogno per acquistare fiducia in se stesse, per concepire e imparare a instaurare il socialismo e procedere verso il comunismo. Le elezioni regionali di marzo e l’attività scomposta e arrogante della banda Berlusconi offrono eccellenti occasioni e spunti per diffondere la nostra propaganda e per promuovere l’organizzazione delle masse popolari verso la costituzione del governo di Blocco Popolare.

Rigettiamo il pessimismo! È solo una forma di disfattismo mirato a indebolire le nostre file. Dal marasma economico, ambientale, sociale, culturale e morale in cui il capitalismo alla fine del suo corso ha portato l’umanità, sorgerà il nuovo mondo. Abbiamo toccato il fondo e risaliremo. La crisi attuale annuncia l’avvento della nuova fase della storia dell’umanità che inizierà con il comunismo. Il socialismo ci introdurrà in questa fase. Abbiamo di fronte un grande compito. Noi combatteremo e lo realizzeremo.

 

La società la cambieranno le masse popolari e in primo luogo gli operai. L’analisi e la storia della società moderna hanno mostrato che solo loro possono compiere questa grande opera, che si inserisce come un passaggio epocale nell’evoluzione plurimillenaria della specie umana. Ma per farlo devono organizzarsi.

 

Organizzare e mobilitare gli operai e il resto delle masse popolari per compiere questa grande opera è il compito specifico di noi comunisti. Solo noi lo possiamo fare. È il compito che i comunisti si sono assunti e hanno proclamato più di 160 anni fa, nel Manifesto del partito comunista (1848). Nel periodo trascorso da allora i comunisti hanno confermato nella pratica di essere capaci di assolvere il compito che si erano assunti. Noi comunisti siamo stati alla testa di tutti i progressi compiuti dall’umanità in questo periodo, nonostante i limiti della nostra comprensione delle leggi della trasformazione che promuoviamo, limiti che ovviamente superiamo solo passo dopo passo grazie all’esperienza e al bilancio dell’esperienza. In questo quadro il declino subito dal movimento comunista negli ultimi decenni, dopo i grandi successi raggiunti nella prima parte del secolo scorso, è solo un ripiegamento temporaneo. Il movimento comunista sta rinascendo in tutto il mondo sotto la guida del marxismo-leninismo-maoismo. Le persecuzioni, le politiche anti-terrorismo e le altre azioni criminali dei governi borghesi e clericali non soffocano la rinascita, ma le infondono maggiore forza e slancio. Grazie al bilancio dei successi e delle sconfitte, il movimento comunista ha accumulato la comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe necessaria e sufficiente per promuovere e dirigere la seconda ondata della rivoluzione proletaria. Sarà quella definitiva che instaurerà il socialismo anche nei principali paesi imperialisti e farà dei nuovi paesi socialisti la forza egemone, guida e trainante a livello mondiale. 

Quelli che sostengono che uscire dal pantano in cui la borghesia ci ha immerso è impossibile o difficile perché le masse popolari sono arretrate, rinunciano al compito che i comunisti si sono assunti, riversano la propria arretratezza, la propria incapacità, i propri limiti, i propri cedimenti sulle masse popolari. Sono come un maestro che attribuisce all’ignoranza degli alunni i risultati mediocri della classe che sta a lui istruire, come un animatore sociale che attribuisce alle persone che sta a lui mobilitare la disgregazione e l’inerzia del gruppo che lui deve animare. Non volendo mettere in discussione se stessi, essi accusano del proprio insuccesso quelli che essi devono curare. Quelli che rifiutano di trasformare se stessi, dalla sterilità dei loro sforzi prima o poi finiscono anche col dedurre che la società è intrasformabile. Ma è una deformazione mentale che segue la loro deformazione morale, la loro rinuncia al loro ruolo.

L’umanità ha bisogno di uscire dal marasma in cui il capitalismo l’ha portata, pena la sua decadenza e la sua scomparsa. Quindi l’umanità uscirà dal marasma attuale, perché la specie umana è una specie dotata di intelligenza. Nella sua plurimillenaria evoluzione è passata da uno stato simile a quello di altre specie animali fino allo stato attuale. Ha progredito, si è trasformata e ha anche accresciuto la propria intelligenza ed è stata capace di risolvere tutti i problemi della propria sopravvivenza e di conquistare e usare il resto del pianeta Terra: sta addirittura conquistando altri pianeti. Per millenni l’umanità ha fatto un uso tutto sommato positivo del pianeta Terra, lo ha curato e migliorato. Grazie al sistema mercantile e capitalista di produzione, durante gli ultimi secoli ha portato questa sua capacità a un livello superiore. Ma ora è il prolungamento di questo sistema oltre i limiti delle sue intrinseche possibilità che ha rivoltato il positivo in negativo, ha fatto delle forze produttive dell’umanità un mezzo di distruzione. L’umanità può desistere dalla distruzione solo cambiando sistema. Quindi per uscire dal marasma in cui il capitalismo l’ha portata e riprendere la via del progresso, l’umanità si trasformerà e supererà la crisi economica, ambientale, sociale, culturale e morale in cui il capitalismo l’ha portata. Si tratterà di una trasformazione di grande rilievo.

La globalità della crisi attuale mostra e conferma che non si tratta di un incidente di percorso. Si tratta della crisi complessiva del sistema di relazioni sociali con cui fin qui l’umanità si è sviluppata: l’umanità deve liberarsi dal sistema capitalista e mercantile di produzione grazie al quale ha progredito da alcuni secoli a questa parte, dalle relazioni sociali che ne derivano, dai comportamenti, dai sentimenti e dalle concezioni che ad esse sono connessi. È così facendo che essa porrà fine alla crisi in cui il perdurare del capitalismo l’ha impantanata.

La classe operaia e il resto delle masse popolari organizzate possono risolvere l’attuale crisi. Solo loro possono risolverla e solo noi comunisti possiamo organizzarle in modo che lo facciano. La borghesia, il clero e le altre classi dominanti possono certo prolungare la crisi, l’agonia e la prostrazione. Possono portarci ancora più in basso. Possono rendere più lungo e tormentoso il passaggio, gettando l’umanità in una serie di guerre e di distruzioni. Possono ripetere su scala più grande e con ferocia maggiore quello che hanno fatto durante la prima crisi generale nella prima parte del secolo scorso. Ma per loro natura non possono fare di più e meglio di quello che hanno fatto finora. Non possono riportarci a galla. Solo la classe operaia e il resto delle masse popolari organizzate rimetteranno l’umanità sulla strada del progresso e sarà la strada del socialismo e del comunismo.

 

Sulla crisi economica

La crisi economica attuale non è un incidente di percorso, non è stata causata dall’ingordigia illimitata dei banchieri e degli speculatori, dall’eliminazione delle conquiste delle masse popolari perseguita dagli uomini politici borghesi a partire dai governi di Margaret Thatcher in Gran Bretagna (1979-1990) e di Ronald Reagan negli USA (1981-1989), dalla espansione delle multinazionali in tutto il mondo (globalizzazione, delocalizzazioni, ecc.) ivi compresi negli ex paesi socialisti e in primo luogo nell’Unione Sovietica e nella Repubblica Popolare Cinese. Con le bolle speculative a ripetizione, con l’eliminazione delle conquiste e con la globalizzazione, con le delocalizzazioni, ecc. la borghesia imperialista ha solo tirato in lungo e ritardato il precipitare della sua crisi. La crisi economica attuale è la fase terminale della seconda crisi per sovrapproduzione assoluta di capitale iniziata negli anni ’70 del secolo scorso e prolungata fin quanto possibile.

Finché le masse popolari organizzate non ci porranno fine, essa si aggraverà ancora. Anche nei più ricchi paesi imperialisti (negli USA e nella UE) un numero crescente di lavoratori, milioni e milioni, sono gettati sulla strada e si aggiungono alla enorme massa, centinaia di milioni, di lavoratori dei paesi oppressi contro cui da decenni la borghesia imperialista sta conducendo in ogni angolo del mondo su larga scala una guerra di sterminio non dichiarata che causa ogni anno tra immani sofferenze centinaia di migliaia se non milioni di morti, di feriti, di invalidi, di persone deformate fisicamente, moralmente o intellettualmente. La borghesia continuerà a distruggere posti di lavoro. Una parte crescente dei posti di lavoro che resteranno e dei nuovi che in qualche modo e misura saranno creati, saranno posti di lavoro precari o degradanti, con salari più bassi e a condizioni igieniche peggiori, con meno diritti dei lavoratori sul posto di lavoro. Un numero crescente di lavoratori autonomi saranno costretti a chiudere. Solo se riusciremo a sviluppare rapidamente su larga scala la guerra popolare rivoluzionaria impediremo che la borghesia spinga la massa dei lavoratori immigrati e con loro anche una parte crescente dei lavoratori autoctoni ancora più in basso, che la miseria, la disperazione e l’abbrutimento si aggravino ancora.

Certo, gli uomini politici borghesi si profonderanno in promesse: tanto più prometteranno quanto peggio andranno le cose e quanto più essi saranno privi di scrupoli e pericolosi.

Assicureranno ad ogni passo, giorno dopo giorno che la crisi sta per finire. Lo fanno già ora. Berlusconi e la sua banda più degli altri, perché Berlusconi è un uomo privo di scrupoli: da anni è alla testa della criminalità organizzata del nostro paese e oltre e gli uomini che ha riunito attorno a sé o preso al suo servizio sono su sua misura.

Prometteranno e in qualche misura persino concederanno “ammortizzatori sociali”, persino il “salario sociale”. È già il ritornello dei D’Alema, degli Epifani e degli altri portavoce moderati della destra borghese. Con questo ritornello vorrebbero distinguersi dalla banda di criminali riunita attorno a Berlusconi, dai razzisti della Lega Nord e da quei fautori della mobilitazione reazionaria delle masse popolari che sono già alla ricerca di criminali capaci di rinnovare, nella nuove condizioni, le gesta di Mussolini e di Hitler. In effetti il sistema monetario mette a disposizione dei governi quantità illimitate di denaro. Il sistema monetario mondiale ha una capacità superiore a mille volte il complesso dei beni e servizi che in un anno vengono prodotti in tutto il mondo per la vendita: una quantità enorme di denaro. A un tale sistema monetario ogni governo può cercare di attingere soldi per sedare con “ammortizzatori sociali” e con “salari sociali” la rivolta delle masse popolari, per frenarne e ostacolarne la mobilitazione rivoluzionaria promossa da noi comunisti.

Noi comunisti dobbiamo essere alla testa delle lotte rivendicative di ogni gruppo di lavoratori e di ogni settore delle masse popolari per avere ammortizzatori sociali. Non dobbiamo lasciare ai lacchè della borghesia la direzione di queste lotte. Analogamente dobbiamo dirigere le masse popolari ad appropriarsi direttamente, anche senza passare tramite il denaro, di tutto quello di cui hanno bisogno. Perché ogni uomo ha bisogno e diritto di soddisfare subito, giorno dopo giorno i suoi bisogni immediati e combattendo per essi può anche imparare a combattere per una nuova condizione sociale. Ma non possiamo accontentarci di ammortizzatori sociali e di salario sociale. Perché sono precari, perché le classi dominanti li usano per mettere lavoratori contro lavoratori, perché ancora più del rapporto di lavoro salariato mettono i lavoratori alla mercé delle classi dominanti. Ma soprattutto perché noi lavoratori e masse popolari non siamo un torma di cani a cui, come auspicava Bill Clinton, i ricchi danno da mangiare, “tanto basta una spesa tutto sommato modesta”. Noi non siamo fatti per vivere di elemosine. Noi vogliamo e possiamo vivere su questa Terra da protagonisti, da liberi ed eguali, associandoci e collaborando tra noi, con dignità e partecipando tutti, ognuno al massimo delle sue capacità, al patrimonio culturale dell’umanità, alla direzione e alla gestione della nostra vita. Non ci basta mangiare e soddisfare gli altri bisogni elementari: noi non siamo animali. Quindi noi comunisti dobbiamo sviluppare su larga scala le lotte rivendicative, ma dobbiamo anche fare di ogni lotta rivendicativa una scuola di comunismo.

Comunque la borghesia, il clero e il resto delle classi dominanti non soddisfano e nella pratica non possono soddisfare neanche i nostri bisogni elementari. Già oggi più di un miliardo di persone su sei non hanno neanche a sufficienza da mangiare! Quando un governo borghese è indotto dalle lotte delle masse popolari  a concedere ammortizzatori sociali e salari sociali, se attinge al sistema monetario aumentando il suo debito compromette ulteriormente l’equilibrio del sistema monetario che è come un castello di carte: il fallimento (come quello che in questi giorni incombe sul governo della Grecia) minaccia ogni singolo governo dei paesi minori e la crisi finanziaria minaccia l’intero sistema quando si tratta dei governi dei maggiori paesi. Nemmeno i più potenti Stati imperialisti possono permettersi di dilatare all’infinito i sussidi di disoccupazione e gli altri ammortizzatori sociali perché i loro deficit di bilancio, i prestiti a cui ricorrono e i loro debiti sconvolgono ulteriormente il sistema monetario e finanziario alla cui instabilità e ai cui crolli essi dovrebbero invece porre rimedio perché un sistema monetario e finanziario stabile è la condizione e il supporto di tutto il loro mondo.

Appena può, ogni governo borghese, invece di ricorrere a prestiti, toglie a una parte delle masse popolari quello che deve concedere alla parte che protesta e rivendica con più forza, alla parte di cui gli preme conquistare il consenso e l’appoggio, quella che esso cerca di coinvolgere nella mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Stante la sua natura, la crisi attuale non ammette vie d’uscita fatte solo di misure economiche. Non basta che gli Stati creino condizioni che facciano qua o là, in un settore o in un altro, intravedere ai capitalisti maggiori profitti nella produzione di merci (beni e servizi) piuttosto che nella speculazione finanziaria: è la soluzione sostenuta dalla destra borghese moderata. Non basta neppure che gli Stati distribuiscano redditi monetari alle classi che sicuramente li spendono per consumi: è la soluzione sostenuta dalla sinistra borghese.

D’altra parte la crisi generale è oramai entrata nella sua fase terminale. Questa non può protrarsi a lungo.

Dalla crisi attuale si esce solo con un rivolgimento politico e culturale, creando un diverso contesto sociale. Nell’immediato sono possibili due e solo due vie d’uscita, in ogni singolo paese e a livello internazionale.

O la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari dirette da partiti comunisti all’altezza dei propri compiti.

O la mobilitazione reazionaria delle masse popolari.

Infatti anche la borghesia imperialista e la altre classi reazionarie sono alla ricerca di una via d’uscita dalla situazione attuale, ne hanno bisogno. E una via ce l’hanno, se non le blocchiamo per tempo. In definitiva per i gruppi borghesi decisi a bloccare la mobilitazione rivoluzionaria e a impedire la scomparsa del loro mondo, l’unica via realistica e praticabile di uscita dalla crisi è mobilitare loro nel loro paese quella parte delle masse popolari che riescono a mobilitare sotto la propria direzione, scagliarla contro il resto delle masse popolari e trascinare tutti al saccheggio del resto del mondo: la guerra imperialista. Essa sarebbe la continuazione con altri mezzi della politica che essi conducono già oggi.

La borghesia, il clero, gli altri ricchi e i loro agenti per rimediare ai guai da loro prodotti e per mantenere il potere, già mettono in ogni paese lavoratori contro lavoratori, una parte delle masse popolari contro l’altra, i disoccupati contro gli occupati, i regolari contro gli irregolari, i precari contro quelli che hanno ancora un contratto a tempo indeterminato, i giovani contro i pensionati, le donne contro gli uomini, gli autoctoni contro gli immigrati. Essi fanno leva su ogni differenza (di nazionalità, di lingua, di cultura, di religione, di sesso, ecc.), su ogni tradizione e su ogni pregiudizio che ereditiamo dalla storia per creare divisioni tra le masse, per impedire l’aggregazione delle masse attorno al partito comunista, per reclutare truppe da scagliare contro altri paesi, per lanciare “operazioni umanitarie” e fomentare aggressioni e guerre. Anche la crisi ambientale, essi l’adoperano come arma per preparare la guerra. Ogni governo addita qualcun altro come grande e impenitente inquinatore e tutti additano le masse come colpevoli di non rassegnarsi a ridurre i consumi, a vivere austeramente.

La crisi ambientale e la crisi generale del capitalismo si combinano e forniscono ai gruppi borghesi più lungimiranti, più determinati, più avventuristi e più criminali adeguati pretesti per mobilitare masse contro masse, paesi contro paesi, coalizione contro coalizione.

 

La crisi ambientale

La borghesia imperialista sta inquinando la terra e saccheggiando il pianeta. La borghesia imperialista, il clero e gli altri ricchi sono i massimi inquinatori: individualmente con il loro lusso, con lo sfarzo dei loro costumi e con i loro sprechi; socialmente per la guerre e le attività militari che fomentano (basi militari, esercitazioni militari, guerre, armi inquinanti, industria militare, opere militari) e per le opere pubbliche inutili o dannose che fanno costruire. Ma non è solo questo. È lo stesso sistema di cui sono espressione, il sistema mercantile e capitalista che per sua natura promuove universalmente l’uso e l’abuso illimitati delle risorse della Terra e in primo luogo proprio l’uso e l’abuso dei lavoratori da parte dei ricchi. Esso ha come principale se non unico criterio di condotta, come principale norma morale l’accrescimento del capitale: ogni attività che permette di investire denaro e moltiplicarlo è buona; ogni attività che non moltiplica denaro non merita attenzione o va affidata alla pubblica carità; ogni attività che comporta perdite di denaro va lasciata cadere. Il denaro è la misura di tutto. Nessuna attività inizia senza soldi e ogni attività deve moltiplicare i soldi. Ogni attività umana e ogni servizio pubblico deve essere trasformato in una macchina per investire e moltiplicare denaro.

Ogni capitalista ha in cima alle sue preoccupazioni aumentare il suo capitale: tutto il resto viene dopo. Il risultato è che la borghesia, il clero e gli altri ricchi stanno inquinando la terra, l’aria e l’acqua e rendono il pianeta Terra sempre meno vivibile, benché l’umanità disponga dei mezzi e delle conoscenze per renderlo più adatto alla vita, persino per migliorarlo e addirittura per conquistare altri pianeti.

Come produce inquinamento e saccheggio, il sistema mercantile e capitalista ostacola o addirittura impedisce anche l’attuazione di ogni misura di contenimento e risanamento. Per sua natura è un sistema fatto di interessi contrapposti. Ogni trasformazione comporta l’arresto di alcune attività e l’avvio di altre. Nel sistema mercantile e capitalista questo vuol dire che ogni misura antinquinamento comporta che qualcuno ci perde e qualcuno ci guadagna. Le attività esistenti sono il regno principale degli interessi costituiti e quindi abbastanza potenti per impedire o almeno frenare ogni trasformazione che non sia a loro vantaggio. Nel mondo dominato dai capitalisti persino il contenimento delle emissioni di CO2 è diventato un obiettivo perseguibile solo dove è diventato un affare: la borsa dei diritti a emettere CO2.

In dicembre di quest’anno i caporioni del sistema capitalista e mercantile mondiale si sono radunati con gran clamore a Copenhagen. La loro riunione non ha partorito alcuna misura efficace per porre fine anche solo al riscaldamento climatico della Terra. Ma ha messo ben in luce che non sono i mezzi materiali e le idee che mancano. La riunione si è chiusa senza risultati concreti perché non si sono messi d’accordo e non possono mettersi d’accordo su chi paga. Perché nel loro sistema di relazioni sociali tutto ha un prezzo, niente si può fare senza che qualcuno sborsi danaro e ogni capitalista sborsa una somma di denaro solo se è sicuro di incassare a breve una somma ancora più grande. Lo scacco di Copenhagen ha messo in luce, per chi si faceva ancora illusioni ma è capace e disponibile a capire, che la crisi ambientale per i capitalisti e i loro agenti è un problema di soldi: chi ci guadagna? Ogni capitalista si chiede: quanto ci guadagno?

Ogni uomo politico portato al potere dai capitalisti, dai preti o dagli altri ricchi deve soddisfare chi lo ha portato e lo conserva al potere. Alcuni Stati usano già la crisi ambientale come strumento per mobilitare le masse popolari del loro paese e della loro coalizione di paesi contro altri paesi e altre coalizioni: anche in questo campo i governi imperialisti europei e USA sono i primi della classe. Dove le proteste e le rivendicazioni delle masse popolari contro l’inquinamento e il saccheggio sono forti e minacciose, ogni Stato borghese cerca di sedarle con la diversione, con l’imbroglio, con concessioni o con la repressione, come la banda Berlusconi ha mostrato a Chiaiano (NA). L’intossicazione delle coscienze, il controllo e la militarizzazione dilagano in ogni paese.

 

La violazione e l’aggiramento della Costituzione e delle leggi e le “prove di fascismo”

La borghesia, il clero e gli altri ricchi non hanno una soluzione positiva per le masse popolari al marasma economico, ambientale, culturale e morale che il loro sistema capitalista e mercantile ha creato. Perché il male è nel loro stesso sistema. Il marasma è un prodotto naturale del loro sistema. Di fronte al disastro che il sistema capitalista e mercantile ha creato, la borghesia, il clero e gli altri ricchi non hanno alcuna soluzione costruttiva. Ma hanno tuttavia una soluzione che potrebbe permettere loro di prolungare la vita del loro sistema di relazioni sociali, di dargli qua o là fiato: mobilitare nel proprio paese la parte più reazionaria o più disperata e più abbrutita delle masse popolari contro il resto delle masse popolari e mobilitare le masse popolari del proprio paese a aggredire, saccheggiare, occupare altri paesi. La destra borghese è impegnata nel cercare una soluzione del genere.

È quello che i più decisi, lungimiranti e criminali dei borghesi, dei preti e degli altri ricchi stanno già facendo nel nostro paese. Questo è il senso delle “prove di fascismo” che si moltiplicano: Forza Nuova, Casa Pound, le camicie verdi di Borghezio, ecc. Esse sono promosse da avventurieri e da criminali che la borghesia e il clero hanno formato e formano con le campagne di denigrazione del comunismo e di intossicazione delle coscienze e che le Autorità lasciano liberi di provare se sono capaci di mobilitare al servizio della borghesia la parte più arretrata o più disperata e abbrutita delle masse popolari per farne un’accozzaglia di mercenari pronti a tutto, contro il resto delle masse popolari e  contro altri paesi.

Anche in questo campo Berlusconi e i tipi come lui esprimono nella forma più concentrata e netta i caratteri della borghesia del nostro tempo, sono gli eroi della borghesia del nostro tempo. Non è un caso che l’opposizione borghese alla banda Berlusconi è impotente e collaborazionista: perché in fondo ha lo stesso suo programma. Si oppongono a Berlusconi principalmente perché aspirano a prenderne il posto per fare la sua politica, assicurando borghesia e clero che sanno fare meglio di Berlusconi quello che Berlusconi dice e non fa. Il governo Prodi-D’Alema-Bertinotti (2006-2008) lo ha mostrato chiaramente. Mentre scaricano sulle masse popolari il peso della crisi del capitalismo, questi politicanti contemporaneamente violano o aggirano e in vari modi eludono ogni legge che in qualche misura tutela gli interessi delle masse popolari e limita l’arbitrio dei padroni, del clero e delle loro Autorità: perché intralcia, limita la governabilità, come loro dicono. Prima ancora di riuscire a creare le condizioni per abolirla, hanno già in grande misura eluso la sostanza della Costituzione che presa alla lettera riflette ancora il rapporto di forze creato dalla Resistenza. La banda Berlusconi e i suoi collaboratori esterni tipo D’Alema hanno continuato su grande scala e spudoratamente l’opera di elusione, aggiramento e violazione della Costituzione che il regime democristiano aveva condotto per decenni con untuosità pretesca e con la complicità dei revisionisti moderni alla Togliatti e Berlinguer.

Il regime di controrivoluzione preventiva, instaurato dopo la seconda guerra mondiale quanto fu creata la Repubblica Pontificia, va a pezzi. Il secondo dei suoi cinque pilastri (le concessioni economiche) è già crollato, il quinto (il carattere fortemente selettivo della repressione) è sempre più scosso dal dilagare della militarizzazione, della guerra anti-terrorismo e della repressione, il secondo (la partecipazione di massa alle elezioni al seguito dei partiti borghesi) e il terzo (le organizzazioni di massa del regime) sono fortemente sconvolti dalle misure pro-governabilità (soglie di sbarramento, finanziamento pubblico e selettivo, misure antisindacali, ecc.), dall’illegalismo delle Autorità e dallo sviluppo della mobilitazione reazionaria e il primo (la manipolazione delle coscienze) resta sospeso in aria.

Manifestazioni dell’illegalità diffusa del potere borghese sono anche la tolleranza e la complicità delle Autorità per le prove di fascismo, mentre vigono ancora sia l’interdizione del fascismo stabilita nella Costituzione sia le leggi che vietano ogni attività e manifestazione fasciste e fanno di esse un reato che le Autorità sono ancora tenute per legge a impedire e perseguire, come qualsiasi altro reato. Questa tolleranza è sempre più spesso e più chiaramente complicità: le Autorità perseguitano con zelo gli antifascisti rei di fare quello che per legge esse dovrebbero fare e non fanno. Addirittura ricorrono a iniziative illegali e truffaldine per condannarli a lunghi periodi di detenzione e di arresti domiciliari  prima ancora del processo. Quello che è avvenuto in Toscana da ottobre a oggi (la carcerazione di Alessandro Della Malva e la detenzione agli arresti domiciliari di altri antifascisti) è la chiara dimostrazione.

Non c’è alcun dubbio che questo clima di illegalità filofascista continuerà e si aggraverà. Berlusconi gioca tutte le carte di cui dispone per sfruttare a suo vantaggio anche il gesto maldestro compiuto domenica 13 dicembre da Massimo Tartaglia (che sta pagando a caro prezzo il suo delitto di lesa maestà). Ma lo può fare grazie alla complicità degli esponenti della destra borghese che si presentano come suoi oppositori. Il gesto di Tartaglia ha messo fuori uso Berlusconi solo per pochi giorni né poteva fare di più, ma ha avuto il pregio di mostrare la solidarietà dei maggiori politicanti borghesi con il capo della malavita organizzata del nostro paese. Quelli che nutrivano ancora illusioni nei confronti di simili politicanti ne possono trarre insegnamenti.

La borghesia, il clero e le loro Autorità stanno allevando i fascisti del prossimo futuro. E ci riusciranno se non stroncheremo sul nascere le prove di fascismo, mentre contemporaneamente sviluppiamo la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari per eliminare il marasma creato dalla borghesia di cui i fascisti approfittano. Nonostante la tolleranza e la complicità della Autorità, noi comunisti dobbiamo fare leva sia sul ricordo delle criminali imprese compiute dai fascisti nel passato sia sulle presenti attività degli aspiranti fascisti per mobilitare la popolazione a impedire a ogni costo e con ogni mezzo che i promotori delle “prove di fascismo” impiantino nei quartieri popolari i focolai di infezione fascista. È necessario per guadagnare tempo e sviluppare su grande scala la mobilitazione rivoluzionaria delle masse popolari e in particolare creare le condizioni per la costituzione di un governo di Blocco Popolare.

 

I lavoratori organizzati sono in grado di cambiare il mondo

I lavoratori organizzati possono porre fine alla crisi economica e alla crisi ambientale. In proposito non è tollerabile alcun disfattismo.

Certamente la borghesia, il clero e gli altri ricchi cercheranno ad ogni costo di preservare il loro sistema di relazioni sociali capitaliste e mercantili. La loro ferocia non avrà limiti e useranno senza scrupoli tutte le risorse di armi e tutta l’esperienza di manovre, di inganni e di manipolazione che hanno accumulato e continuano ad accumulare. Ma tutto questo è efficace solo se riescono a impedire la mobilitazione su larga scala dei lavoratori e la loro organizzazione e solo fin quando ci riescono. Borghesia, clero e altri ricchi cercheranno in ogni modo di impedire l’organizzazione dei lavoratori perché essi sanno per esperienza che i lavoratori organizzati sono una forza irresistibile, che una volta organizzati riuscirebbero ad abbattere ogni ostacolo che si frapponesse sulla loro strada per potente che fosse, che sarebbero in grado di costruire un mondo nuovo, un’umanità di livello superiore. Se non bastasse la conoscenza della società umana, dei presupposti del socialismo che essa contiene e delle potenzialità che essa racchiude, a mostrarlo c’è la storia della prima ondata della rivoluzione proletaria svoltasi nella prima parte del secolo scorso, in particolare la storia dei primi paesi socialisti. Per questo tutta la propaganda e la cultura della borghesia e del clero hanno tanto investito e investono sull’occultamento, sull’oblio e sulla denigrazione di quell’esperienza.

Di fronte alla mancanza di altre alternative al capitalismo, al marasma generale in cui il capitalismo ci ha condotto e alla mancanza di prospettive di uscirne restando nel capitalismo, l’ostracismo che la cultura borghese e clericale di ogni livello, genere e tendenza mantengono sull’esperienza dei primi paesi socialisti, e in particolare dell’Unione Sovietica dovrebbe per lo meno far riflettere ogni persona onesta e di buon senso. Tanto più ricordando il ruolo che l’Unione Sovietica ha avuto nella sconfitta del fascismo e del nazismo, le speranze e lo slancio che ha suscitato nelle classi sfruttate e nei popoli oppressi di tutto il mondo, l’odio selvaggio e furibondo di cui alla sua nascita è stata bersaglio da parte della borghesia e del clero (“soffocare il bambino finché è ancora nella culla” - firmato Churchill) e i tentativi di imitazione che ha poi suscitato nella stessa borghesia e nel clero (dai tentativi di imitarne la pianificazione nella politica economica all’aggiornamento promosso dalla Chiesa Cattolica sotto Giovanni XXIII) quando il suo successo parve loro irresistibile.

Per chi è in grado di ragionare, l’esperienza dei primi paesi socialisti è ricca di insegnamenti per il futuro, sia nei suoi successi sia nei suoi limiti e nelle sue sconfitte. Essa ha mostrato la via per porre fine alla crisi politica, economica, ambientale, sociale, culturale e morale che ora attanaglia l’umanità e per riprendere la via del progresso.

Per i lavoratori organizzati è del tutto possibile porre fine alla crisi ambientale, alla crisi economica e al marasma culturale e morale a cui la borghesia e il clero ci hanno condotti. Ci sono le forze produttive e le conoscenze necessarie per farlo. È solo il sistema mercantile e capitalista di relazioni sociali che ci impedisce di metterle in opera. Oggi gli uomini possono produrre cibo quanto necessario a una popolazione ben più numerosa dell’attuale. Il sole ogni anno fa evaporare acqua dai mari e possiamo quindi disporre sulla terraferma di acqua dolce nella quantità necessaria per una popolazione ben più numerosa dell’attuale. Possiamo produrre case, vestiario e ogni altro ben di dio per tutti. Esistono fonti rinnovabili di energia da cui possiamo ricavare più energia di quanto è necessario all’intera umanità e abbiamo tutte le conoscenze necessarie per metterle in opera su grande scala: solo che metterle in opera non è compatibile con il sistema mercantile e capitalista di relazioni sociali per cui ogni costruzione è un investimento di denaro e ogni conoscenza un brevetto. È il sistema di produzione e di distribuzione mercantile e capitalista e il sistema di relazioni sociali connesso che impediscono di mettere in opera tutto questo. Il comunismo non è più solo un progetto. È una necessità per uscire dal vicolo cieco in cui la borghesia e il clero ci hanno cacciato. I primi paesi socialisti ci hanno mostrato la strada con i loro successi e con i loro insuccessi.

Il socialismo non è il paradiso in terra. È un sistema contraddittorio, ma efficace e forte di trasformazione, direzione e progresso dell’umanità, adatto a condurre l’umanità dal capitalismo al comunismo.

L’esperienza dei primi paesi socialisti ha mostrato che quando i lavoratori organizzati nel partito comunista e nelle organizzazioni di massa creano da una parte uno Stato basato sui consigli aziendali e territoriali dei lavoratori e dall’altra un sistema di organizzazioni di massa in cui una parte crescente della popolazione viene organizzandosi e assolvendo a compiti e ruoli crescenti nella gestione della società, la combinazione sia pure contraddittoria dei due elementi (Stato e organizzazioni di massa) forma un sistema politico invincibile, capace di grande dinamismo e creatività, adatto al suo compito. L’esperienza dei primi paesi socialisti ha mostrato anche che la pianificazione economica pluriennale su grande scala è il metodo adatto a permettere all’umanità di padroneggiare le proprie forze produttive e usarle per il benessere e il progresso dell’umanità intera. Ecco le chiavi della grande forza e dei progressi formidabili compiuti dai primi paesi socialisti finché seguirono una linea principalmente giusta.

I primi paesi socialisti finché furono guidati da veri partiti comunisti, in particolare l’Unione Sovietica fino al 1953 e la Repubblica Popolare Cinese fino al 1976 hanno mostrato di cosa sono capaci i lavoratori organizzati. Lo dimostrano i successi ottenuti in campo economico, culturale e morale dai primi paesi socialisti nel primo periodo della loro pur breve esistenza e la sconfitta di tutti i tentativi di aggressione e disgregazione portati dalle più grandi potenze del mondo di allora: dagli Stati Uniti, all’Inghilterra, alla Germania nazista, al Vaticano. Non a caso gli oppressori, gli sfruttatori e gli inquinatori del mondo di oggi sono anche i più accaniti promotori della denigrazione dell’esperienza dei primi paesi socialisti.

Certo, la società socialista sta in piedi e progredisce solo grazie alla partecipazione, sempre più numerosa, cosciente ed attiva, della massa della popolazione alla gestione e direzione delle attività della società stessa. Essa alla sua nascita eredita dalla storia che ha alle spalle grandi divisioni e contraddizioni tra le stesse masse popolari. Le sette principali di esse sono la divisione e contraddizione tra dirigenti e diretti, tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, tra lavoro organizzativo e lavoro esecutivo, tra uomini e donne, tra adulti e giovani, tra città e campagna, tra settori, regioni e paesi avanzati e settori, regioni e paesi arretrati. Sono divisioni e contraddizioni che non spariscono d’incanto, ma che nel socialismo possono e devono essere trattate fino alla loro scomparsa.

La partecipazione universale alla gestione e direzione della vita sociale comporta quindi una grande trasformazione nel comportamento e nella mentalità nelle stesse masse popolari. La linea seguita dal partito comunista è giusta solo finché e nella misura in cui promuove una simile partecipazione e la trasformazione che essa comporta.

La controprova l’abbiamo avuta quando i revisionisti moderni, da Kruscev in poi, hanno fatto prevalere nei partiti comunisti dei primi paesi socialisti una linea basata principalmente su meccanismi economici e coercitivi di gestione che essi derivavano dall’esperienza dei paesi capitalisti adattata alle condizioni dei paesi socialisti: è iniziata anche la lunga fase di involuzione e decadenza dei primi paesi socialisti, che li ha portati fino al crollo.

La partecipazione cosciente ed attiva della massa della popolazione alla gestione e direzione delle attività della società non è un risultato scontato. È un’esperienza nuova che l’umanità non conosce. I borghesi e i preti dicono addirittura che non è realizzabile, come il papa Leone XIII (1810-1903) sosteneva che era impossibile che tutti imparassero a leggere e a scrivere. In realtà è possibile, ma non avviene spontaneamente: va perseguita passo dopo passo, con soluzioni creative adeguate alle condizioni materiali e culturali particolari e concrete di ogni paese, zona, gruppo sociale e situazione: come una nuova forma di campagna di alfabetizzazione. In questo compito vanno adoperati e messi alla prova tutti i migliori e più avanzati metodi di organizzazione, animazione, mobilitazione e formazione che l’umanità ha fin qui elaborato. Altri ne verranno elaborati sulla base dell’esperienza e saranno sottoposti alla verifica della pratica.

In questo processo di trasformazione è inevitabile e ben comprensibile che la popolazione non procederà in un fronte compatto. Inoltre non si tratta di un processo che avviene nel vuoto: è un processo che sorge dalla lotta contro l’attuale ordinamento sociale e le sue classi dominanti.

Le classi dominanti e privilegiate del vecchio mondo anche una volta spodestate si opporranno a questo processo con ogni mezzo e con tutta la forza materiale, intellettuale e morale che la storia ha accumulato nelle loro mani. Cercheranno di impedirlo, soffocarlo, inquinarlo, farlo deragliare. Sarebbe ingenuo e sciocco farsi illusioni al riguardo. Stante i privilegi di cui hanno goduto, le abitudini che hanno contratto e la mentalità che si sono formate, per esse il nuovo mondo è una medicina amara da trangugiare e la condizione imprescindibile della loro leale collaborazione al lavoro comune è che non possano più farsi alcuna illusione di rivincita. L’esperienza storica non lascia alcun margine al dubbio. Il comportamento attuale di queste classi conferma l’esperienza storica. Esse costituiscono e per anni costituiranno in ogni nuovo paese socialista le forze della controrivoluzione. Le eccezioni individuali saranno ben venute, ma sul comportamento della massa di queste classi non bisogna farsi nessuna illusione. Paese per paese, solo la sconfitta ripetuta e senza appello dei loro tentativi di rivincita e la perdita dei loro alleati esterni le indurrà in massa ad accettare di svolgere onestamente il lavoro che la società assegnerà a ognuno dei loro membri. Contro queste classi non ci deve essere alcuna pietà: i loro tentativi e sforzi di rivincita vanno stroncati ad ogni costo.

Tra le masse popolari all’inizio vi sarà una grande divisione che verrà superata, ma solo gradualmente e tanto meglio quanto più appropriata sarà la linea con cui verrà trattata.

A un estremo ci saranno quelli che hanno partecipato attivamente alla lotta per instaurare il socialismo, che sono attivi nelle organizzazioni di massa e nel partito comunista e che assieme costituiscono il fronte delle forze rivoluzionarie. Essi costituiscono la forza motrice principale della trasformazione che si compie durante il socialismo.

All’altro estremo ci saranno quelli che fino all’ultimo hanno subito l’influenza della borghesia imperialista, del clero e del resto delle classi dominanti e a vario titolo hanno combattuto contro la rivoluzione socialista. Il nuovo potere deve e ha i mezzi per offrire a questa parte delle masse popolari una via di trasformazione e di integrazione nella nuova società a condizione che rompano i legami organizzativi con la controrivoluzione. A questo fine sia lo Stato sia il sistema delle organizzazioni di massa devono giocare un ruolo appropriato e il partito comunista deve essere capace di trovare la linea giusta.

In mezzo vi saranno quelli che durante la rivoluzione socialista non hanno preso posizione, sono rimasti da parte e che solo via via sono coinvolti nella gestione e direzione del nuovo mondo. 

Studiata alla luce di queste divisioni e di queste contraddizioni, della linea seguita dallo Stato e della linea seguita dal sistema delle organizzazioni di massa per trattarle e dei risultati che ne sono venuti, l’esperienza dei primi paesi socialisti diventa una fonte inesauribile di insegnamenti per l’impresa che dovremo compiere una volta instaurato il socialismo. Ne viene anche la conferma che i lavoratori organizzati sono del tutto in grado di costruire il nuovo mondo, quali che siano i limiti iniziali di comprensione della realtà, gli errori che possono commettere, le difficoltà che incontrano, le sconfitte temporanee che possono subire, i ripiegamenti temporanei a cui possono essere costretti.

 

I comunisti sono in grado di mobilitare e organizzare le masse popolari a compiere la storica impresa

Sono però oggi i comunisti capaci di organizzare e mobilitare nuovamente nel nostro paese gli operai e il resto della masse popolari perché facciano la rivoluzione socialista? Cosa dobbiamo fare noi comunisti perché i lavoratori si organizzino?

Di tutte le questioni che abbiamo affrontato, questa è la più complessa e anche quella che richiede risposte immediate e da mettere subito alla prova della pratica. Questa è la questione su cui oggi noi comunisti dobbiamo concentrare maggiormente la nostra attenzione.

La nuova crisi generale del capitalismo è iniziata più di 30 anni fa. Pur tenendo presente che il corso delle cose ha seguito un indirizzo analogo anche in tutti gli altri paesi europei che partivano da condizioni analoghe a quelle del nostro, consideriamo principalmente quel che è successo nel nostro paese.

Con la nuova crisi generale si è sviluppata anche l’eliminazione delle conquiste di civiltà e benessere che le masse popolari avevano strappato alla borghesia e al clero nel corso e per effetto della prima ondata della rivoluzione proletaria. In conseguenza si è via via disgregato fino a dissolversi il vecchio partito comunista che era diventato la roccaforte dei revisionisti moderni e la maggiore organizzazione politica della sinistra borghese.

La resistenza delle masse popolari al procedere della crisi ha incominciato a svilupparsi, a organizzarsi e a diffondersi. Ma né noi comunisti siamo riusciti a prenderne la direzione, né il movimento di resistenza è cresciuto oltre un livello elementare. Non è un caso: le due cose si sviluppano di pari passo. La resistenza delle masse popolari di fronte alla crisi del capitalismo può svilupparsi oltre un livello elementare solo se è diretta dal partito comunista e se quindi l’attacco per instaurare il socialismo diventa via via l’elemento dirigente di tutta la resistenza. Man mano che la crisi si aggrava la difesa delle conquiste è efficace solo se è sempre più sorretta e inserita nella lotta per instaurare il socialismo. Il progetto coltivato da personaggi alla Piero Bernocchi e dal resto della sinistra non comunista o francamente anticomunista di costruire un forte e radicale movimento rivendicativo avulso dalla lotta per instaurare il socialismo si è dimostrato anche nei fatti fallimentare e lo sarà sempre di più dato l’aggravarsi della crisi. Senza lotta per instaurare il socialismo la forza dei lavoratori e del resto delle masse popolari di fronte alla borghesia è ridotta a due componenti: 1. alla loro forza contrattuale come venditori di forza-lavoro, ma la disoccupazione di massa e l’arrivo di milioni di emigranti si combinano per ridurre a poca cosa questa componente; 2. alla loro pressione elettorale e culturale come cittadini di un regime di controrivoluzione preventiva, ma come più sopra indicato questo regime è oramai in via di dissoluzione. Quindi tutto il corso delle cose concorre a rendere via via meno efficace un movimento puramente rivendicativo. Senza lotta per il socialismo anche le organizzazioni che incarnano il progetto di un movimento rivendicativo senza lotta per il socialismo (sindacati alternativi, sinistra dei sindacati di regime, comitati di resistenza) sarebbero destinati a svuotarsi.

 

Ciò che ha reso poco efficace il lavoro di noi comunisti è il dogmatismo e l’economicismo di cui nella pratica sono ancora impregnate la nostra mentalità e la nostra attività. Il vecchio movimento comunista, che non a caso non è riuscito a instaurare il socialismo in nessun paese imperialista, concepiva la rivoluzione socialista come una rivolta popolare che scoppia e di cui il partito comunista, che si è ben preparato all’evento, approfitta per prendere il potere e instaurare il socialismo. L’esperienza della prima ondata della rivoluzione socialista ha dimostrato che la rivoluzione socialista non è un evento che scoppia, determinato dal peggiorare delle condizioni economiche e sociali, dalle sofferenze a cui la borghesia imperialista costringe la massa della popolazione, dalla propaganda dei partiti comunisti e dall’organizzazione delle masse popolari. I comunisti che si aspettano che la rivoluzione socialista scoppi, resteranno delusi più e più volte, oggi come lo sono stati nel passato. Alcuni arriveranno addirittura a conclusioni reazionarie: attribuiranno all’arretratezza e alla viltà delle masse popolari, alla natura delle classi oppresse quello che è principalmente l’effetto dell’arretratezza dei comunisti.

Già nel 1895, nella Introduzione a Lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Engels aveva indicato che, a differenza della rivoluzione borghese, la rivoluzione socialista per sua natura non scoppia, ma è un processo che deve essere costruito passo dopo passo dal partito comunista. Come Lenin e Stalin (Principi del leninismo) hanno insegnato, con la costruzione delle grandi organizzazioni di massa della classe operaia e delle altre classi delle masse popolari la II Internazionale (1889-1914) aveva contribuito alla costruzione della rivoluzione socialista. Ma la maggior parte dei partiti che la componevano (e tra questi il vecchio e glorioso Partito Socialista Italiano) non erano guidati da una giusta concezione del mondo, in particolare da una giusta concezione della crisi generale del capitalismo, della situazione rivoluzionaria di lungo periodo che essa generava e della natura della rivoluzione socialista. Si attendevano che la rivoluzione socialista scoppiasse anziché costruirla fase dopo fase, campagna dopo campagna, come una guerra popolare rivoluzionaria che sfocia in ogni paese nell’instaurazione del socialismo e quindi, combinandosi con la rivoluzione negli altri paesi, nella rivoluzione proletaria mondiale. Assumevano invece come loro compito unico o comunque principale la mobilitazione delle masse popolari in lotte rivendicative, la loro formazione culturale e la loro partecipazione alla lotta politica borghese, convinti di prepararsi così a “cogliere l’occasione” della rivoluzione che sarebbe scoppiata. Nei paesi imperialisti i partiti dell’Internazionale Comunista (1919-1943, ma di fatto sciolta solo nel 1956) nonostante la Resistenza e l’eroica lotta contro il fascismo e il nazismo hanno ripercorso la stessa strada, sia pure a un livello superiore di organizzazione e di legame internazionale.

Molti comunisti del nostro paese sono ancora oggi sostanzialmente fermi a questa concezione dei propri compiti, che proprio l’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria ha dimostrato essere inadeguata. Per altri comunisti del nostro paese è evidente che, sebbene abbiano rigettato quella concezione, la loro pratica è ancora guidata da essa. Nella loro pratica seguono ancora la vecchia via, causa la separazione pratica-teoria. L’economicismo e il dogmatismo sono i freni principali alla rinascita del movimento comunista. Infatti quello che i capi non capiscono, le masse popolari, in specie gli operai avanzati, a loro maniera lo sentono: per questo non aderiscono agli sforzi dei comunisti dogmatici ed economicisti (anche se questi in tutta sincerità si dichiarano rivoluzionari, marxisti-leninisti e persino maoisti) a percorrere la via che l’esperienza ha già mostrato essere fallimentare.

Nonostante i progressi fatti da noi in questo campo e testimoniati dal nostro Manifesto Programma,  anche noi siamo nella pratica ancora fortemente influenzati negativamente dalla mentalità e dalle abitudini del vecchio movimento comunista. Dobbiamo liberarcene risolutamente!

Il marxismo-leninismo-maoismo è la concezione che traiamo dall’esperienza della prima ondata della rivoluzione proletaria e con cui dobbiamo promuovere e dirigere la seconda ondata. Noi possiamo prendere la direzione della resistenza delle masse popolari del nostro paese, la concezione espressa nel nostro Manifesto Programma ce ne offre gli strumenti teorici. Il passo che dobbiamo fare ora, una volta elaborato il Manifesto Programma, è sistematicamente tradurlo in un piano tattico e attuarlo nel particolare e nel concreto, imparando dall’esperienza a fare quello che ancora non sappiamo fare. La pratica su larga scala al nostro interno della critica-autocritica-trasformazione è quindi un elemento chiave del successo della nostra opera.

La rivoluzione socialista è la guerra popolare rivoluzionaria che il partito comunista conduce campagna dopo campagna, sviluppando ogni campagna sulla base dei risultati conquistati con la precedente.

Ogni campagna è fatta di battaglie contemporanee o successive. Ogni battaglia è una combinazione di operazioni tattiche. Con questa concezione dobbiamo in ogni momento e in ogni zona e situazione mobilitare le forze di cui già disponiamo e attaccare il nemico nel punto in cui la vittoria ci permette di raccogliere su più grande scala nuove forze rivoluzionarie, con cui condurre gli attacchi successivi.

In ogni campagna dobbiamo combinare costantemente l’appello su larga scala con le battaglie lanciate dove abbiamo le forze per condurle con successo e raccogliere nuove forze.

Per condurre una guerra di questo genere dobbiamo diventare maestri nel conoscere il campo nemico contro cui dobbiamo sferrare gli attacchi, il campo delle masse popolari da cui dobbiamo raccogliere le forze nuove, le relazioni tra i due: solo così riusciremo a lanciare, in ogni momento, in ogni zona e in ogni situazione l’attacco nel punto più favorevole per la raccolta di maggiori forze rivoluzionarie.

 

Facendoci forte di questi principi affrontiamo il nuovo anno.

È una lotta che non conduciamo da soli. Nel mondo, in ogni paese altri comunisti lottano come noi contro lo stesso nemico. In molti paesi oppressi, dalle Filippine all’India, dal Nepal al Perù, dalla Turchia alla Colombia, la lotta è già sviluppata su scala più ampia e a un livello più avanzato che nel nostro paese. Le Autorità di altri paesi (dalla Corea del Nord, a Cuba, al Venezuela) non accettano di sottostare al sistema imperialista mondiale e in vari modi lo contrastano e si oppongono ad esso. In altri paesi oppressi, dall’Afghanistan alla Palestina, le forze dell’imperialismo sono inchiodate al suolo da forze che si difendono eroicamente dall’aggressione, benché la loro resistenza non sia ancora fecondata dal marxismo-leninismo-maoismo. In ogni paese fermenti e rivolte dilagano.

In realtà il movimento comunista ha sì subito un periodo di declino a causa dei suoi limiti di comprensione delle condizioni, delle forme e dei risultati della lotta di classe, ma è tutt’altro che morto. Esso sta risorgendo anzi in tutto il mondo guidato dal marxismo-leninismo-maoismo e, dove non è ancora risorto in forza, la resistenza delle masse popolari alle atrocità dell’imperialismo trova altre vie provvisorie con cui dispiegarsi. Le feroci campagne di accerchiamento e annientamento che i governi dell’India e del Pakistan, sostenuti dai consiglieri americani e sionisti, proprio in questi giorni conducono nei rispettivi paesi contro le forze rivoluzionarie, le campagne criminali condotte dai sionisti d’Israele, dal governo USA e dalla NATO nel Medio Oriente, nell’Asia centrale e in Africa, le manovre controrivoluzionarie che i gruppi sionisti e il governo USA conducono in America Latina indicano per contrasto la vitalità del movimento comunista. La rivoluzione di nuova democrazia che perdura in Nepal dà già grandi insegnamenti ai comunisti di tutto il mondo.

 

La lotta che noi conduciamo nel nostro paese è di grande importanza per tutto questo vasto movimento di lotta e di resistenza. Non solo perché eliminando il Vaticano elimineremo una delle maggiori forze reazionarie che in tutto mondo puntellano il sistema imperialista, ma anche perché apriamo la strada alla rivoluzione socialista nei paesi imperialisti.

È consapevole di questo compito che la Commissione Provvisoria del Comitato Centrale del (nuovo)Partito comunista italiano invia calorosi e fraterni saluti per l’anno nuovo a tutti quanti sotto tutti i cieli lottano contro il sistema imperialista e contribuiscono alla nuova ondata della rivoluzione proletaria mondiale.

Il nostro saluto va anche ai compagni che nelle varie zone del nostro paese cercano una strada per resistere e avanzare. Va in particolare agli antifascisti prigionieri, agli altri prigionieri politici, ai prigionieri delle Brigate Rosse e delle altre Organizzazioni Comuniste Combattenti che il bieco spirito di vendetta della Repubblica Pontificia tiene ancora relegati nelle carceri. Va anche alle migliaia di lavoratori italiani e immigrati prigionieri il cui torto fondamentalmente è di aver cercato di sopravvivere come meglio sanno in un regime che li condannava alla miseria e all’emarginazione.

A tutti i membri delle masse popolari presenti nel nostro paese, immigrati e autoctoni, lanciamo l’appello a rigettare ogni pessimismo, a scuotere ogni inerzia e a unirsi alla lotta per instaurare un governo di Blocco Popolare e marciare verso l’instaurazione del socialismo.

Certamente con le buone o con le cattive riusciremo a imporre alle Autorità della Repubblica Pontificia di attuare almeno alcune delle misure più necessarie e urgenti per far fronte alle situazioni più gravi. Ma le Autorità attuali cercheranno di fare il meno possibile, ritorneranno indietro appena possibile, ricorreranno a ogni mezzo per impedire che imponiamo loro di compiere azioni così contrarie alla loro natura. Ricorreranno a ogni espediente per dividere i lavoratori e metterli gli uni contro gli altri. È quello che già fanno. Questo vale sia per la crisi economica sia per la crisi ambientale.

Per questo non basta rivendicare dai padroni questo o quello: occorre costituire un governo d’emergenza formato dalle Organizzazioni Operaie e dalle Organizzazioni Popolari, un governo fatto da persone che vogliono attuare le aspirazioni delle masse popolari, un governo costituito e sostenuto dalle organizzazioni che vogliono impiegare le forze produttive e le conoscenze per soddisfare i bisogni delle masse popolari: un Governo di Blocco Popolare.

Quanto più siamo decisi a costituire un simile governo, tanto più da subito avremo la forza per imporci ai padroni e alle loro Autorità e costringerli ad attuare da subito i provvedimenti più urgenti. Tanto più forti saranno anche le lotte rivendicative. La costituzione e la difesa di un simile governo sarà per le larghe masse anche la scuola per instaurare il socialismo.

 

Imporre ad ogni costo e con ogni mezzo alle Autorità e ai padroni i provvedimenti più urgenti e indispensabili per far fronte subito agli effetti più gravi della crisi economica e della crisi ambientale!

 

Creare le condizioni per instaurare un governo d’emergenza costituito dalle Organizzazioni Operaie e dalle Organizzazioni Popolari!

 

Stroncare sul nascere ogni prova di fascismo! Eliminare dai quartieri popolari i focolai dell’infezione fascista e razzista!

 

Le misure per impedire gli effetti più disastrosi della crisi generale del capitalismo e l’instaurazione di un governo di Blocco Popolare che le attui, aprono la via all’instaurazione del socialismo e rafforzano la lotta antimperialista in ogni angolo del mondo!

 

Conduciamo l’umanità fuori dal marasma culturale e morale, dalla crisi economica e politica e dal disastro ambientale in cui la borghesia e il clero l’hanno impantanata!

 

Per questo lotta il nuovo Partito comunista italiano!

Per questa lotta il nuovo PCI chiede il concorso e il contributo della parte più generosa e onesta, della parte più avanzata delle masse popolari del nostro paese!

 

Compagni, operai, proletari, donne, immigrati e giovani: arruolatevi nel (nuovo)Partito comunista italiano!

 

Costituite clandestinamente in ogni azienda, in ogni zona e in ogni organizzazione di massa un Comitato di Partito!