La Voce n. 11


Alcuni passi nella direzione giusta?

 

A proposito del Comunicato delle nuove BR-PCC

 

INDICE:

Avvertenze

1. Introduzione

2. Perché è necessario confutare le concezioni dei militaristi

3. La via all'instaurazione del socialismo

4. Il campo della borghesia imperialista

5. La relazione tra i due campi

6. Il campo della classe operaia

7. Il bilancio del movimento comunista secondo le nuove BR-PCC

8. Conclusione

Note


 

5. La relazione tra i due campi

Quanto alle misure politiche che la borghesia prende per "governare il conflitto di classe", nell'unico caso che esse esaminano un po' da vicino, quello della "concertazione", le stesse nuove BR-PCC sono costrette a riconoscere che essa era entrata "in crisi manifesta con il governo D'Alema, per la resistenza che le misure antiproletarie (che giustificavano il ruolo del governo D'Alema) suscitavano nel proletariato e per la particolare difficoltà a produrre le ulteriori trasformazioni per le quali premeva la Confindustria" (prg. 23). Cosa era la "concertazione" di cui parliamo? Era l'accordo stipulato nel 1993 (governo Ciampi) tra sindacati di regime (il grosso dell'aristocrazia operaia), le organizzazioni padronali (Confindustria, ecc.) e il governo. Questo si impegnava a concordare con le "parti sociali" tutte le misure di politica economica (donde il diritto di veto). Questo accordo salta nel '98 perché l'aristocrazia operaia (e soprattutto quella annidata nella CGIL) si rende conto che o accetta di ridursi ad apparato integrato nella burocrazia statale, senza più alcuna autonomia economica (i sindacati concentrano ogni anno alcune migliaia di miliardi di vecchie lire (9) dai loro tesserati e questo conferisce ai loro dirigenti quella libertà di attuare i propri programmi che in una società borghese deriva dal possesso di denaro) o smette di appoggiare a spada tratta le esigenze avanzate contro i lavoratori dal governo e dalle associazioni padronali e cavalca in qualche modo l'opposizione. È una tenaglia che stringe sempre l'aristocrazia operaia. Essa ha servizi tanto più preziosi da vendere alla borghesia quanto maggiori sono il suo ascendente e la sua influenza tra la massa dei lavoratori. Ma quanto più li usa a favore della borghesia contro i lavoratori (in una fase in cui la borghesia non fa che eliminare le conquiste dei lavoratori), tanto meno ne ha. Nelle aziende fino al '98 il malcontento e l'opposizione erano cresciuti, i tesserati erano calati,(10) gli scioperi e le manifestazioni riuscivano anche se i sindacati di regime li sconfessavano e vi si opponevano. Da dove veniva questa resistenza dei lavoratori? Le nuove BR-PCC neanche se lo chiedono. Per loro è un dato oggettivo, naturale, come la pioggia. Ma essa non cadeva dal cielo, né era un prodotto automatico dell'oppressione, né era suscitata dalla cospirazione delle nuove BR-PCC che nel maggio '99 porterà all'eliminazione di D'Antona o da cospirazioni analoghe. Essa è il frutto della coscienza di classe sedimentata nella classe operaia (cioè dell'azione passata del movimento comunista) e dell'azione presente di migliaia di lavoratori avanzati e FSRS. Quando a causa di quella resistenza la concertazione entra in crisi, cresce nella borghesia l'orientamento a scaricare il centro-sinistra (che è legato alla concertazione) e a rivolgersi alla banda Berlusconi. Nel '99 le Camere, dove il centro-sinistra ha la maggioranza, eleggono presidente della Repubblica Ciampi, un succube di Berlusconi.(11) Quindi il centro-sinistra dà prova di non essere disposto a battersi contro la banda Berlusconi. Le fortune elettorali di Berlusconi salgono: elezioni europee '99, regionali 2000. Le operazioni giudiziarie e parlamentari che impedirebbero a Berlusconi di accedere al governo sono paralizzate. Nel marzo 2000 il candidato di Agnelli alla presidenza della Confindustria viene trombato a favore del berlusconiano D'Amato. Anche Agnelli si adatta a collaborare all'ascesa della banda. Nel maggio '01 Berlusconi è consacrato capo del governo grazie a una legge elettorale truffa che il centro-sinistra non ha modificato. Quelli che sono vittime dei propri pregiudizi e pensano che "i governi li eleggiamo noi", si chiedono come mai Berlusconi è riuscito a conquistare tanti voti e imprecano contro l'arretratezza delle masse. Neanche le nuove BR-PCC osano dire che la concertazione è entrata in crisi perché loro hanno eliminato uno dei suoi teorici e promotori (prg. 24). La banda Berlusconi abbandona la concertazione. Discute con tutti ma procede con chi ci sta a quello che il governo ha deciso (è il "dialogo sociale"). CISL e UIL, per ciò che distingue la loro tradizione e la loro natura da quelle della CGIL,(12) sono tentate di collaborare con la banda Berlusconi. Ma neanche loro possono muoversi liberamente: sono pur sempre, almeno in parte, aristocrazia operaia, non semplici uffici governativi, semplici agenzie della controrivoluzione preventiva.

Da quando è iniziata la seconda crisi generale del sistema capitalista, in tutti i paesi imperialisti la borghesia ha gradualmente ma sistematicamente limitato o eliminato le conquiste delle masse popolari che attenuavano alcuni effetti distruttivi e disgregatori dei rapporti di produzione capitalisti. Il processo ha avuto una brusca accelerazione dopo il crollo, alla fine degli anni '80, del campo socialista e ha comportato anche la liquidazione dei partiti revisionisti. La borghesia ha quindi perso il principale strumento per "governare il conflitto di classe", che era un ingrediente essenziale del regime instaurato dopo la seconda guerra mondiale nei paesi imperialisti. La classe operaia, il resto del proletariato e i lavoratori autonomi resistono meglio che possono alla liquidazione delle loro conquiste, anche se per mobilitarsi devono utilizzare gli strumenti organizzativi che trovano a disposizione, che sono essenzialmente ancora quelli ereditati dalla storia (gli "anni '70" hanno lasciato ben poco - i sindacati alternativi e le FSRS -  proprio perché naufragati nel militarismo). Da allora oggettivamente la posizione dell'aristocrazia operaia nella società è cambiata, essa è sotto pressione, compressa nella tenaglia sopra indicata, in declino. Il "governo del conflitto di classe" da parte della borghesia tramite essa è sempre più in difficoltà. Con l'avvento al governo della banda Berlusconi la posizione dell'aristocrazia operaia subisce un ulteriore peggioramento.

Tutto quanto fin qui detto riguarda l'azione della borghesia e il movimento che essa, come classe dominante, cercando di prolungare la sopravvivenza del suo sistema di rapporti sociali, imprime al mondo. Riguarda cioè uno dei due campi della guerra rivoluzionaria. Quello che ha ricevuto dalla storia che abbiamo alle spalle la direzione economica, politica e culturale della società; quello che per sua natura è il più organizzato (ma non unificato: non esiste e non può esistere un "unico capitale"), ha collaudati strumenti di elaborazione e di centralizzazione della volontà dei suoi membri, è il più capace di avere un orientamento comune e di svolgere un'azione collettiva; quello che impersona l'unità della società, nei limiti in cui questo è possibile nell'ambito del modo di produzione capitalista.(13) Ed è evidente che le nuove BR-PCC sopravvalutano la forza, la capacità progettuale e la capacità d'azione della borghesia imperialista.

 

6. Il campo della classe operaia

Ma come stanno le cose nel campo opposto, nel campo delle masse popolari che la classe operaia deve mobilitare e dirigere? Emerge nuovamente nella classe operaia la tensione a impegnarsi nella lotta per il potere, a costituire una forza e un polo politico autonomo e antagonista rispetto alla borghesia imperialista e a tutte le sue espressioni politiche, a prendere la direzione del resto delle masse popolari e andare a uno scontro risolutore con la borghesia imperialista? Per rispondere a questa domanda (e alla terza delle tre domande che avevo sopra formulato) occorre anzitutto vedere come la classe operaia si costituisce in classe dirigente. È su questo terreno che emerge ancora più nettamente la natura della concezione del mondo esposta nel Comunicato e l'inconsistenza della proposta che ne deriva. Infatti nel Comunicato è presente una certa capacità di analizzare nei suoi termini reali l'azione della borghesia imperialista, ma manca anche solo un tentativo un po' serio di analizzare come si è sviluppata la lotta della classe operaia per il potere, le leggi che la governano, gli strumenti che le sono necessari. Le nuove BR-PCC trattano molto dei modi di indebolire la borghesia (e il metodo che indicano, in certe circostanze può anche essere efficace), ma trascurano proprio la cosa principale: come la classe operaia si rafforza e diventa classe dirigente? Il rafforzamento della classe operaia non è il risultato automatico e scontato dell'indebolimento della borghesia. Le due classi non sono eguali e contrarie.

I marxisti hanno sempre sostenuto che la classe operaia può diventare classe dirigente della società moderna, che è l'unica tra tutte le classi oppresse della società moderna che può diventarlo, che la lotta degli operai contro i capitalisti per i loro specifici interessi diretti e immediati (il salario, le condizioni di lavoro, ecc.) crea condizioni favorevoli alla trasformazione della classe operaia in classe dirigente (è una scuola di comunismo), che essa può mettere fine alla sua particolare forma di asservimento solo istituendo la proprietà collettiva su tutte le forze produttive della società, che la lotta della classe operaia contro la borghesia incarna la contraddizione tra il carattere collettivo delle forze produttive e i rapporti sociali capitalisti entro cui esse sono costrette. Ma già negli anni '50 dell'Ottocento Marx ed Engels avevano messo in chiaro che, mentre la borghesia poteva diventare classe dirigente in campo politico anche solo in forza dell'influenza che il suo ruolo nell'economia le conferiva sull'intera società, la classe operaia poteva diventarlo solo organizzandosi come forza politica (organizzazioni di massa e partito comunista). E verso questo obiettivo tesero tutta la loro attività pratica e teorica, perché la classe operaia non si organizza spontaneamente in partito comunista. Per organizzarsi in partito comunista essa deve rompere con la condizione di subordinazione anche politica che eredita dalla storia e che è parte essenziale della sua natura di proletariato. Come può il proletariato trasformarsi?

È la storia del movimento comunista che mostra, a chi la studia, questo processo, le leggi che lo governano e gli strumenti e le istituzioni in cui si concretizza. È un processo che avviene in modo né spontaneo, né arbitrario.

All'inizio del secolo appena terminato, esattamente cento anni fa, Lenin aveva esaminato in lungo e in largo, in particolare nel noto scritto Che fare? (1902),  la questione del come le istanze e tendenze antagoniste che le condizioni oggettive fanno spontaneamente sorgere nella classe operaia potevano svilupparsi in lotta  per il potere contro la borghesia e le altre classi reazionarie. Già allora quindi nel movimento comunista si era posto il problema se lo sviluppo delle istanze e tendenze antagoniste "spontanee" (cioè determinate dalle condizioni oggettive dei rapporti pratici tra le classi) in lotta per il potere avveniva spontaneamente o richiedeva l'intervento di qualche "ostetrico". La conclusione fu già allora, quindi ben prima della fine della seconda guerra mondiale, che quelle istanze e tendenze spontanee non diventavano di per se stesse, spontaneamente, lotta per il potere; che, se non interviene qualcosa d'altro, la borghesia riesce in un modo o nell'altro, con le buone o con le cattive o combinando il bastone con la carota, a "governare il conflitto di classe": sia a tenere in pugno la classe operaia sia a impedirle di assumere la direzione del resto delle masse popolari. Per di più essa ha imparato che non deve lasciare che si sviluppino in pace neanche le organizzazioni di massa: ha imparato a infiltrarle e controllarle. Già all'inizio del Novecento persino la polizia politica dell'arretrata Russia organizzava già "sindacati" (famoso il poliziotto Zubatov) e comperava tribuni popolari (famosi il prete Gapon e il deputato bolscevico Malinowski). La conclusione di Lenin fu che le istanze e tendenze antagoniste che la condizione oggettiva fa sorgere nella classe operaia possono svilupparsi fino a diventare lotta per il potere solo se i comunisti si costituiscono in partito, si legano alla classe operaia, portano in essa la "coscienza comunista", dirigono le sue organizzazioni di massa combattendo in esse l'influenza della borghesia (che è impossibile eliminare "una volta per tutte", "fino in fondo"). Su questa risposta si fondano la teoria e la pratica leniniste del partito comunista come avanguardia organizzata della classe operaia (associazione dei lavoratori avanzati che aderiscono al comunismo) e parte della classe operaia (anche se ne sono membri anche comunisti non operai), la parole d'ordine "senza teoria rivoluzionaria un movimento rivoluzionario non può crescere oltre un livello elementare e spontaneo", la concezione del partito che dirige il resto della classe operaia attraverso le organizzazioni di massa e che considera quindi lo sviluppo dell'organizzazione di massa e dell'azione di massa uno dei suoi compiti essenziali. La classe operaia (e tanto meno il resto delle masse popolari) non riesce a sviluppare un'azione di massa che non sia di livello elementare e spontaneo se questa non è promossa, organizzata e diretta dal suo partito, in particolare non riesce a condurre una guerra rivoluzionaria. La classe operaia si trasforma in classe dirigente solo quando gli operai avanzati si sono organizzati nel partito comunista. Quindi le "esigue avanguardie" attuali devono da subito mobilitarsi e organizzarsi per costruire un vero partito comunista.

La risposta data da Lenin e la risposta esposta nel Comunicato dalle nuove BR-PCC sono chiaramente due risposte inconciliabili, che portano a due impostazioni diverse dell'attività politica immediata delle "esigue avanguardie". La risposta di Lenin porta alla costituzione del partito comunista. La risposta delle nuove BR-PCC porta alla costituzione di OCC. Non è un caso che nel Comunicato le nuove BR-PCC rivendicano come parte della propria concezione del mondo la teoria di Lenin sull'imperialismo e la teoria di Lenin sullo Stato (prg. 61 e 104),(14) ma passano completamente sotto silenzio la teoria di Lenin sul partito comunista, che è uno dei massimi apporti di Lenin al movimento comunista.(15) Esse esplicitamente sostengono che la costituzione del partito sarà, come la contemporanea distruzione dello Stato borghese, una risultante del processo politico-militare condotto dalla guerriglia (prg. 72 e 99). Noi invece sosteniamo che è il primo passo di tutto il processo politico-militare (rivoluzionario) che dobbiamo promuovere.

In realtà le nuove BR-PCC giustificano una linea di condotta che hanno ereditato dalla deviazione militarista che ha condotto le BR alla sconfitta negli anni '70 e che gli esponenti delle vecchie BR non hanno sottoposto a rettifica durante la Ritirata Strategica.(16) È significativo che le nuove BR-PCC dicono che vi è una differenza importante tra la fase attuale e gli anni '70, riconoscono che la lotta armata condotta dalle vecchie BR fu lo sbocco di un vasto movimento rivoluzionario della classe operaia mentre la lotta armata che esse propongono oggi dovrebbe permetterne la ricomparsa. Ma si guardano bene dallo spiegare perché la borghesia riuscì a sconfiggere le vecchie BR. Non affrontano neanche la questione: constatano e basta (prg. 58 e 98). Noi al contrario sosteniamo e abbiamo più volte e in più circostanze dimostrato che le vecchie BR furono sconfitte a causa della deviazione militarista (concentrare le forze per colpire con attentati la borghesia anziché per costruire il partito comunista) che in definitiva prese il sopravvento in esse distogliendole dal compito della creazione di un vero partito comunista, senza del quale è impossibile sviluppare la guerra rivoluzionaria. L'idea che azioni condotte da gruppi guerriglieri in campo nemico bastino a determinare il sorgere nella classe operaia di gruppi combattenti o anche solo a determinare nella classe operaia un orientamento favorevole alla rivoluzione socialista è del tutto campata in aria e ripetutamente smentita dall'esperienza (anche quando i gruppi guerriglieri erano numerosi e con relazioni con le masse come nella seconda metà degli anni '70). È campata in aria quanto l'idea che basti a determinare questo orientamento la propaganda del comunismo fatta da un gruppo di abili propagandisti e ancora più campata in aria dell'idea che basti a questo scopo l'attività di un partito elettorale-parlamentare (perché almeno quest'ultima fino ad un certo punto mobilita e organizza le masse). Le nuove BR-PCC hanno una concezione spontaneista della trasformazione della classe operaia in classe dirigente: essa dovrebbe avvenire da sola una volta che la guerriglia allenta la pressione della classe dominante sulla classe operaia e dà l'esempio.

Infatti secondo le nuove BR-PCC il nostro campo "è impedito nel procedere alla socializzazione e collettivizzazione (dei mezzi di produzione e dei beni di sussistenza) dall'esistenza e dall'azione politico-militare dello Stato" borghese (prg. 62). Ma in realtà le cose non stanno affatto così. Il nostro campo non è affatto composto di persone animate dal desiderio e dalla volontà di socializzare e collettivizzare se non ci fosse lo Stato borghese a impedirlo "con le sue leggi e i suoi strumenti sanzionatori e repressivi". Non è vero che "niente impedirebbe al proletariato di prendere possesso dei mezzi di produzione o dei beni di sussistenza che usa e produce se lo Stato non ne difendesse la 'legittima' proprietà privata con l'azione concreta dei suoi apparati armati, presa di possesso che nella dittatura della borghesia assume connotato di furto e saccheggio" (prg. 63). Quando la situazione è evoluta al punto che il potere della borghesia si basa unicamente o anche solo principalmente sugli apparati armati dello Stato che tengono a freno il proletariato, il potere della borghesia è oramai agli sgoccioli. È vergognoso che le nuove BR-PCC per dare forza alle loro argomentazioni spontaneiste  mettano sullo stesso piano della lotta del proletariato per prendere possesso dei mezzi di produzione e dei beni di sussistenza, il furto (che è una soluzione eminentemente individuale e di difesa ) e il saccheggio (che è una soluzione collettiva, ma circoscritta e di difesa), ambedue per loro natura limitati ai beni di sussistenza, cioè alla divisione del prodotto e senza relazione diretta con la creazione di una società socialista.

La condizione da cui noi partiamo, anche dopo 150 anni di movimento comunista, è quella di masse popolari divise in varie classi, tutte oppresse e sfruttate dalla borghesia imperialista, ma in modi, forme e misure diverse: se non fosse così i "progetti neocorporativi" della borghesia, di cui anche le nuove BR-PCC parlano, sarebbero del tutto campati in aria, "discorsi della domenica" che basterebbe smascherare come imbrogli.(17) In ognuna di queste classi, anche nella classe operaia, oggi la sinistra è una minoranza esigua, anche se largheggiamo e comprendiamo in essa tutti quelli che con un intendimento o un altro si oppongono alla proprietà della borghesia imperialista e aspirano in un modo o in un altro a espropriarla. Esigua è anche la destra, se in essa comprendiamo tutti quelli che ritengono sacrosanta e inalienabile la proprietà della borghesia imperialista, sono succubi alla borghesia imperialista e ne difendono gli interessi. Ma tuttavia la destra esiste ed essa oggi ha un'influenza sul centro di gran lunga maggiore della sinistra, proprio perché questa è senza partito comunista (mentre la destra ha alle spalle la borghesia). Inoltre per vari motivi oggi la borghesia imperialista riesce largamente a trasformare la contraddizione oggettiva di interessi tra se stessa e le masse popolari in contraddizioni tra le varie classi, categorie e gruppi delle masse popolari, in altrettante "guerre tra poveri", calde o fredde che siano (il razzismo, la xenofobia, la delinquenza spicciola, il nazionalismo nei paesi imperialisti, le guerre di religione, ecc.): per ogni gruppo delle masse popolari la causa dei suoi malanni è un altro gruppo delle masse popolari e cerca di risolverli lottando a suo modo contro di esso. La mobilitazione reazionaria delle masse incomincia da questo terreno. La borghesia ci marcia in ogni classe. Non cesserà per alcun motivo di farlo, visti i benefici che ne trae. Avrà i mezzi per farlo finché avrà la direzione dell'attività economica.

Per la storia di millenni di società di classe che abbiamo alle spalle e per le condizioni in cui esso si è formato, il nostro campo è composto di classi e individui nati, vissuti, educati e abituati all'asservimento. Il loro assoggettamento ai padroni è ribadito, oltre che dall'azione oculata della borghesia, da tutta una parte della loro esperienza, dalle tradizioni di tutte le classi oppresse che sono sedimentate nella loro coscienza e nelle loro abitudini, dalle condizioni concrete in cui si svolge la loro vita e che formano la loro coscienza. Un lato della loro esperienza pratica porta milioni e milioni di oppressi, anche di operai, a ritenere che senza il padrone sarebbe impossibile vivere e a non sapere in effetti cosa fare quando non ci sono i capitalisti a organizzare la loro attività economica e la loro convivenza sociale. Non è un caso che milioni di operai fanno lavorazioni molto complicate, ma hanno difficoltà a organizzare le loro lotte rivendicative (sulla ripartizione del prodotto, sulle loro condizioni materiali e spirituali) e ancora più a organizzare la lotta per il potere. Al punto che la classe dominante sparge la concezione che fanno gli operai le persone "meno dotate", quelle che "non hanno attitudini per gli studi". Giustifica cioè la divisione degli individui nel lavoro con supposte differenze naturali tra loro: come giustifica la discriminazione razziale, di sesso, ecc.

Le difficoltà che ogni lavoratore incontra per organizzarsi, per aggregarsi, per formulare rivendicazioni, per dar vita al sindacato e ancora più per organizzarsi nel partito, dimostrano che egli non è formato ed educato alla direzione, benché nel contempo abbia bisogno di diventare classe dirigente e tutta una parte della sua esperienza lo predisponga e lo spinga a questa trasformazione. L'esperienza dei paesi socialisti ha confermato su grande scala che l'emancipazione della classe operaia e delle altre classi oppresse non si realizza di colpo, nemmeno dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato. Non è vero che "senza il potere politico la borghesia (...) non potrebbe esistere come classe" come sostengono le nuove BR-PCC (prg. 69). Non è lo Stato borghese che ha creato l'ordinamento borghese della società. Questa è la concezione degli anarchici, che coerentemente sostengono che bisogna "abolire lo Stato" per cambiare l'ordinamento della società. Noi comunisti sosteniamo che è l'ordinamento sociale che ha fatto sorgere lo Stato e che lo sviluppo storico delle cose e degli uomini è arrivato però al punto che instaurando un proprio Stato la classe operaia potrà gradualmente cambiare l'ordinamento sociale fino all'estinzione dello stesso Stato. La borghesia esisteva come classe prima di avere il potere politico e ha continuato ad esistere come classe anche nei paesi socialisti e non poteva che essere così. Il socialismo è un periodo di transizione tra il capitalismo e il comunismo. Quindi nei paesi socialisti, cioè dopo la conquista del potere da parte della classe operaia, esistono rapporti capitalisti (che vengono gradualmente limitati ed eliminati) e rapporti comunisti (che vengono promossi ed estesi). Pensare che la borghesia cessi di esistere come classe quando la classe operaia conquista il potere, è disarmare ideologicamente la classe operaia, lasciare che la borghesia prepari le condizioni della restaurazione del suo potere. Infatti i revisionisti moderni, i Kruscev, i Teng Hsiao-ping, i Breznev, ecc. sostenevano che nei paesi socialisti non esisteva più la borghesia, che il partito e lo Stato erano "di tutto il popolo". Nel 1989 anche i ciechi hanno visto che non era così. Ma neanche di questo le nuove BR-PCC si chiedono il perché (prg. 30). Quindi ignorano gli insegnamenti che ne derivano.

Nella vita degli operai e di ogni classe oppressa vi è anche l'esperienza contraria all'asservimento. L'oppressione spinge anche alla ribellione e prepara alcune condizioni di essa. Oltre che all'assuefazione, la pratica quotidiana della contrattazione col padrone e anche della lotta politica (elettorale-parlamentare) tipica della società borghese dei paesi imperialisti, del "conflitto di classe", genera tra le classi oppresse e in modo particolare nella classe operaia, l'aggregazione e l'esperienza dell'azione collettiva. I comunisti agiscono su questa contrapposizione che è interna alla classe operaia e alla sua esperienza. I comunisti sono anzitutto educatori della classe operaia perché si trasformi in classe dirigente e riescono a fare tanto meglio questo loro lavoro se sono essi stessi operai: per questo il partito comunista deve essere la parte d'avanguardia e organizzata degli operai e i comunisti non operai devono contribuire con tutte le loro forze e risorse a farlo diventare tale.

Lenin in particolare ha insegnato che bisogna agire principalmente sulle cause interne al nostro campo, trasformarlo costruendo il partito comunista e le organizzazioni di massa: la lotta armata in una prima fase è solo o principalmente un mezzo per facilitare questo lavoro e in una fase successiva è principalmente l'effetto di questo lavoro. L'esperienza storica ha dimostrato che gli insegnamenti di Lenin hanno portato alla vittoria, alla conquista del potere e alla sconfitta di tutti gli eserciti che la borghesia ha messo in campo contro l'Unione Sovietica e di tutte le manovre politiche che ha architettato contro di essa. Il declino dell'URSS è incominciato quando il partito ha cambiato la propria concezione del mondo, ha incominciato ad agire in conformità alla concezione che, visto che era stata privata del potere politico, la borghesia oramai non esisteva più. Le nuove BR-PCC invece dicono che il compito principale è agire sulle cause esterne al nostro campo, sulla borghesia imperialista, indebolirla, disarticolare il suo Stato: il resto (la trasformazione del proletariato in classe dirigente) viene da sé. Distruzione dello Stato borghese e costruzione del partito per le nuove BR-PCC sono processi contemporanei (prg. 72 e 79). La costituzione del partito comunista è rinviata al futuro, quando le attività combattenti della guerriglia (senza partito comunista) avranno distrutto lo Stato borghese; come dire: mai!

7. Il bilancio del movimento comunista secondo le nuove BR-PCC

La natura delle concezione del mondo che guida le nuove BR-PCC emerge anche quando esse provano a rispondere alla questione che giustamente ogni comunista deve porsi: "Perché la classe operaia finora non è riuscita a conquistare il potere in nessun paese imperialista?". Nel Comunicato esse prendono in esame i 150 di storia del movimento comunista. È istruttivo vedere come.

Secondo le nuove BR-PCC nel periodo che va dal 1848 al 1917 il proletariato europeo e americano si sarebbe occupato solo di riforme che la borghesia avrebbe potuto concedere grazie ai margini creati dal sistema politico democratico da essa instaurato. Perché si sarebbe occupato di riforme, non lo spiegano. In realtà esse sanno anche che vi è stata la Comune di Parigi, sanno anche che vi sono state nel proletariato "tendenze rivoluzionarie", sanno che esso ha sostenuto "molti scontri cruenti" e che ha compiuto "movimenti insurrezionali" (prg. 73). Ma non si preoccupano di spiegare perché la borghesia è riuscita a venirne a capo. Tanto meno si preoccupano di spiegare il ruolo che allora ebbero i numerosi attentati a personaggi chiave della classe dominante: per limitarsi all'Italia basta ricordare che il 29 giugno 1900 per mano dell'anarchico Gaetano Bresci cadeva Umberto I che da quasi dieci anni fomentava una feroce repressione (dai Fasci Siciliani alle stragi del gen. Bava Beccaris a Milano) e complottava per realizzare un colpo di Stato che abolisse la costituzione allora vigente che la borghesia, non ancora "progredita" come l'attuale, in una certa misura rispettava anche nella pratica. Basta che la borghesia ne sia venuta a capo e che da ogni vittoria abbia ovviamente tratto anche elementi per rafforzare i suoi mezzi di dominio ("la rivoluzione si fa strada suscitando una controrivoluzione potente" diceva già Marx in Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850), perché le nuove BR-PCC affermino che il proletariato europeo e americano in quel periodo è stato riformista, impegnato solo a lottare per "obiettivi politici democratici". Ovviamente è un bilancio sbagliato e contrario a quello fatto dal movimento comunista.(18)

Il proletariato si sarebbe impadronito del potere in Russia solo perché la Russia era un paese dove la borghesia non aveva preso il potere ed era particolarmente debole e perché il regime zarista non poteva concedere nulla agli "obiettivi politici democratici" senza crollare. Il lavoro svolto dal partito di Lenin non c'entrerebbe o comunque avrebbe avuto un ruolo secondario.

Tuttavia la vittoria della rivoluzione bolscevica in Russia avrebbe spinto "i reparti rivoluzionari dei partiti riformisti europei" a costituire autonomi partiti comunisti (prg. 74). Da dove sbuchino questi "reparti rivoluzionari", perché non avessero costituito prima partiti comunisti autonomi (salvo che in Russia), le conseguenze di questo ritardo, è un problema che le nuove BR-PCC eludono. Forse anche perché, rispondendo a una questione del genere per allora, rischierebbero di arrivare per il presente a conclusioni diverse da quelle per cui esse oggi rimandano alle calende greche la costituzione del nuovo partito comunista.

Siamo così al periodo 1917-1945. I partiti comunisti europei avrebbero cercato di portare la classe operaia a conquistare il potere, ma con una strategia e una linea politica che "tendono a riprodurre, nel corso della crisi dopo la prima guerra mondiale, il modello rivoluzionario russo" (prg. 74). Neanche le nuove BR-PCC si azzardano a dire che in questo periodo la borghesia fosse larga di concessioni al proletariato europeo, in modo da smorzarne le spinte e tendenze antagoniste. Si limitano a dire che "la lotta rivoluzionaria guidata dai partiti comunisti suscitò potenti processi controrivoluzionari e non riuscì a vincere" (prg. 75). Perché, non interessa. I partiti comunisti o "vennero annientati come in Germania o furono ridotti alla stasi politica come in Italia durante il fascismo". Da dove sia sorta la Resistenza, non importa alle nuove BR-PCC. Certo non sorse dalla "stasi politica". Il Tribunale Speciale fascista non funzionava perché c'era "stasi politica": in 15 anni condannò ben 4.030 comunisti e più di 5 volte tanti furono i denunciati. La guerra di Spagna (1936-1939) non esiste: non importa capire perché il movimento comunista l'ha persa. L'importante è che la borghesia ha imparato a "irreggimentare il conflitto sociale", ha "consolidato l'intervento dello Stato nell'economia in funzione del governo della crisi", ha avviato la "corporativizzazione degli interessi sociali" (prg. 75).

La Resistenza contro il nazifascismo, la sua vittoria militare e la sua liquidazione politica sono relegate nell'oblio. Risulta che "la controrivoluzione imperialista seguita alla seconda guerra mondiale" ha imparato dalle vicende della prima metà del secolo, si sono realizzate trasformazioni degli ordinamenti economico-sociali e politici tali che oramai la borghesia è in grado di tenere sottomessa la classe operaia e il resto delle masse popolari se non intervengono le "esigue avanguardie" a destabilizzarla (prg. 85 e 86).

Insomma un bilancio che sarebbe da ridere, se il militarismo non avesse ancora nella pratica l'importanza che ha, non offrisse alla borghesia gli strumenti che ancora offre per contrastare la formazione del partito comunista e se queste "concezioni" non fossero ancora piuttosto diffuse sotto varie forme nelle FSRS.

8. Conclusione

In conclusione le nuove BR-PCC, quanto alla borghesia imperialista, sopravvalutano la sua forza e la sua capacità di indirizzare la società in conformità a un progetto (un piano) elaborato e promosso da suoi esponenti: e in ciò stravolgono la teoria del modo di produzione capitalista elaborata da Marx. Quanto alla classe operaia, esse hanno una concezione spontaneista dello sviluppo delle istanze e tendenze antagoniste della classe operaia e della loro trasformazione in lotta contro la borghesia per il potere. La loro concezione del mondo è la concezione tipica di una "cellula impazzita" della classe dominante, che colpisce in casa propria dove crede sia più efficace, nella fiducia che ciò permetta prima o poi ai proletari (che premono alle porte) di irrompere e mettere fine alle nefandezze che vede quotidianamente progettare, preparare, promuovere. Va da sé che se i gruppi militaristi fossero davvero gruppi interni alla classe dominante ma politicamente antagonisti al suo concreto ordinamento, per capirci una versione militare dei Gobetti e dei Rosselli degli anni '20 (quindi non invece gruppi delle masse popolari ancora ideologicamente succubi di essa), il partito comunista potrebbe trovare in essi utili alleati, quando sarà in condizioni di orchestrare la sua azione su scala più ampia dell'attuale. Ma resta confermato che la ricostruzione di veri partiti comunisti (e non lo sviluppo di OCC) è la prima indispensabile tappa della rinascita del movimento comunista e dello sviluppo delle istanze e tendenze antagoniste prodotte dalle condizione oggettive in guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata fino ad instaurare il socialismo. È alla ricostruzione del partito comunista che devono lavorare da subito le esigue avanguardie attuali.

Umberto Campi


<<  INDICE  >>